Gli attacchi di panico si definiscono completi se si manifestano con un certo numero di sintomi e inaspettati se non è individuabile una chiara ragione scatenante.
Alcuni si accorgono dell’arrivo dell’attacco di panico dalle vertigini e dalla perdita d’equilibrio, altri sono colti dall’improvvisa sensazione di mancanza d’aria e di soffocamento. Altri ancora sentono l’oppressione e il dolore al torace, il cuore che accelera o perde colpi.
Probabilmente non esistono persone che abbiano avuto due attacchi di panico uguali. Chi è convinto che il panico possa fargli perdere il controllo o la ragione lo vivrà in modo diverso da chi crede che esso possa causargli un ictus o un infarto. Il panico è, in buona parte, un’esperienza soggettiva e riguarda non solo i sintomi, ma anche il significato che vi si attribuisce.
Un attacco di panico può essere valutato non solo dall’intensità di ciascun sintomo ma anche dal numero di sintomi con cui si presenta. Perciò, è utile innanzitutto chiarire la differenza fra attacchi “completi” e “paucisintomatici”.
Molti di coloro che hanno attacchi di panico hanno episodi sia completi, sia paucisintomatici. Per essere “completo” un attacco deve manifestarsi con almeno 4 dei seguenti 13 sintomi:
Un esempio di attacco di panico completo è quello che inizia con le palpitazioni, alle quali seguono il dolore al petto, i brividi, le vampate di calore e la paura di morire. Un’esperienza simile può spaventare per la somiglianza con l’infarto e, infatti, induce molti a recarsi al pronto soccorso.
Un attacco di panico che si manifesta con meno di quattro sintomi si definisce, invece, paucisintomatico. Un attacco paucisintomatico è quello che, per esempio, si manifesta con il senso di sbandamento, d’instabilità e con la paura di cadere. Molti di coloro che soffrono di panico hanno attacchi paucisintomatici più volte al giorno.
Un episodio di panico può sopraggiungere favorito da emozioni negative o intense, dalla stanchezza, dall’iperattività del Sistema Nervoso Simpatico, da processi cognitivi volontari o involontari. Proprio per via dell’ampio numero di fattori coinvolti, frequenza e decorso di questo problema variano da persona a persona; uno stesso paziente può trascorrere periodi in cui gli episodi si presentano a ripetizione e altri in cui sono saltuari o assenti.
Di seguito sono illustrati esempi di tre differenti decorsi lungo un periodo di 5 settimane. Nella prima figura gli attacchi di panico (P) sono piuttosto regolari, nella seconda non hanno una particolare regolarità ma restano ben distribuiti, nella terza si concentrano in “grappoli” per poi diradarsi, scomparire e tornare a distanza di tempo.
Si definiscono inaspettati, o "a ciel sereno" gli attacchi di panico che compaiono senza un chiaro fattore scatenante. Il seguente è un ipotetico resoconto, fatto da un paziente, di un attacco di panico inaspettato: "Ero a tavola con mia moglie e i bambini, si parlava del più e del meno quando ho sentito la faccia bollente e i brividi al corpo, la mente mi si è annebbiata e mi sembrava di non riuscire più a respirare… Ero terrorizzato perché non sapevo che cosa stesse accadendo…".
Capire se un attacco di panico è davvero del tipo “inaspettato” richiede esperienza clinica perché, in realtà, solo un numero limitato di essi non ha una causa scatenante rintracciabile. In molti casi, invece, il panico è la conseguenza di stati emotivi o di processi cognitivi rilevabili con opportune domande.
Un esempio potrebbe essere l’attacco di panico che sopraggiunge nel momento in cui l’individuo si sta rilassando.
Che cosa significa, per lui, rilassarsi? Quando si lascia andare smette di sentirsi padrone di sé? Da rilassato ha paura di perdere il controllo? Stare senza far niente gli sembra uno spreco di tempo e gli ricorda che non si sta rendendo utile? Se così fosse, è possibile che il panico sia innescato dal significato ansiogeno attribuito al rilassamento.
Altri attacchi di panico privi di cause esterne sono il risultato dell’ipercontrollo dei propri stati interni. Il paziente potrebbe aver preso l’abitudine di monitorare il respiro se i precedenti episodi si sono manifestati con un senso di soffocamento; oppure il cuore, se in passato il panico si è espresso con le palpitazioni o il dolore toracico. Potrebbe avere appreso a controllare quanto si sente lucido mentalmente, se nei precedenti episodi ha avuto derealizzazione o, ancora, essersi abituato a prestare un’attenzione eccessiva alla tensione muscolare se il sintomo di un passato attacco di panico è stato il tremore. Tutti questi processi di automonitoraggio possono rendere più facile la comparsa di altri episodi.
Un esempio di attacco di panico inaspettato e privo di chiari fattori scatenanti, invece, può essere l’attacco di panico notturno, quello che si verifica durante il sonno e con sintomi abbastanza intensi da causare il risveglio. Il panico notturno è un’esperienza molto comune, si stima che circa il 25%-35% di coloro che soffrono di attacchi di panico lo abbiano almeno una volta.
Gli attacchi di panico causati da una situazione sono quelli in cui si può accertare un evidente fattore scatenante, come nella seguente autodescrizione di uno studente universitario alle prese con un esame: "Ero davanti alla porta dello studio del professore, aspettavo il mio turno ma il ragazzo che in quel momento era interrogato non usciva più dalla stanza… Ho cominciato a pensare che gli stesse andando male e che avrei fatto la stessa fine… Poi, come al solito, mi è salita l'agitazione, il cuore mi batteva all’impazzata e mi sembrava che perdesse colpi, sudavo e non riuscivo più a stare fermo in nessun posto… Me ne sono andato, credo che se non lo avessi fatto sarei svenuto e avrei fatto una figuraccia davanti a tutti".
In questo caso è possibile affermare che l'attesa, l'apprensione per il risultato, l’aspettativa d’insuccesso, la preoccupazione per un giudizio negativo da parte del professore possano aver “innescato” il panico.
Gli attacchi di panico possono essere sintomo di una varietà di condizioni cliniche.
I cosiddetti attacchi di panico sensibili alla situazione sono anch’essi collegati all’esposizione a determinate situazioni ma, al contrario del tipo precedente, non sopraggiungono in modo sistematico. Quello che segue è un ipotetico resoconto di una donna che ha avuto un attacco di panico in auto: “Stavo tornando a casa dal lavoro e, da un momento all’altro, è arrivato… Ho sentito le forze abbandonarmi e le gambe molli… Ho stretto forte il volante… Ho avuto paura di perdere il controllo dell’auto e provocare un incidente… Non capisco, ho fatto lo stesso tragitto durante tutto il mese scorso, perché un attacco di panico proprio oggi?”.
L’aspetto principale di questi attacchi di panico è che essi sembrano imprevedibili nonostante siano collegati a circostanze ben precise. Allo scopo di impedirne il ripetersi, le persone che ne soffrono possono sentirsi costrette a modificare le loro abitudini, ridurre gli spostamenti o le frequentazioni. Nei casi estremi, questo problema determina ritiro sociale e può essere la causa scatenante della depressione.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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