Dopo un trauma il mondo può smettere di apparire un luogo stabile in cui sentirsi protetti. Dei 4 tipi, il trauma indotto da avvenimenti vissuti in prima persona è il principale.
Pochi di noi, per fortuna, sono incorsi in gravi incidenti stradali o in aggressioni e ancora meno hanno fatto esperienza dei devastanti effetti di un terremoto. Nella nostra parte di mondo, pacificato da decenni, la parola “guerra” ha ormai assunto una consistenza astratta, come se definisse qualcosa che può accadere, sì, ma altrove.
In condizioni “normali” un essere umano si abitua a considerare il mondo un luogo sicuro. E per lo più, in effetti, lo è.
Le terribili vicende di cui ogni giorno ci giunge notizia si svolgono quasi sempre in luoghi lontani o si riferiscono a persone sconosciute. Così, più che fatti reali ci sembrano storie. E le storie non hanno il potere di scalfire le certezze.
Un’esperienza traumatica, invece, può cambiare tutto. Dopo un trauma, il mondo può smettere di apparire come un luogo sicuro in cui sentirsi protetti.
In definitiva, è questo cambiamento di prospettiva a stravolgere la vita. L’ansia, la depressione, la rabbia e il senso d’impotenza sono conseguenze della perdita di fiducia in sé e negli altri.
Nel trauma, alterazioni transitorie dell’attività del Sistema Nervoso Centrale sono la norma: i “nervi a fior di pelle” di chi è sotto shock ne sono l’effetto più evidente. Anche il sistema endocrino può risentirne ed è per questo che le difese immunitarie di molti traumatizzati colano a picco.
Stordimento e derealizzazione sono stati post-traumatici normali e possono accompagnarsi al disorientamento e alla confusione, all’ottundimento emotivo, all’iperattività o, al contrario, all’inerzia.
Per fortuna, comunque, il cervello umano riesce ad “assimilare” anche le peggiori esperienze e a riorganizzarsi di conseguenza. Così, di solito, queste sono solo reazioni iniziali.
Qualora, invece, ciò non sia sufficiente il Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) è uno degli esiti possibili.
Fra i numerosi sintomi del PTSD vi sono i ricordi ricorrenti e intrusivi dell’accaduto. Con ciò si intende che essi si presentano con frequenza, senza che l’individuo compia alcuno sforzo attivo o, addirittura, contro la sua volontà. Un operaio sopravvissuto all’incendio di una fabbrica, per esempio, a distanza di mesi può ancora avere flashback in cui gli sembra di sentire lo stesso odore di bruciato di quei terribili momenti; una ragazza scampata a un’aggressione può “udire” la voce del suo aguzzino; a un impiegato di banca vittima di una rapina a mano armata può sembrare di vedere, nella penombra del suo appartamento, forme umane con volti indistinguibili, come coperti da passamontagna.
L’ansia e la paura dovute a questi ricordi possono sopraggiungere entrando in contatto con circostanze collegate in modo diretto o indiretto all’episodio traumatico, per esempio tornando sul luogo in cui si è svolto, parlandone o anche solo rivivendo la scena con gli occhi della mente. Oppure durante il sonno, con sogni tanto vividi da sconvolgere.
Molti di coloro che hanno avuto un trauma vivono in uno stato continuo di vigilanza come se, da un momento all’altro, qualcosa di imprevedibile o incontrollabile potesse ricapitargli. Diventano ipersensibili ai suoni tanto da sobbalzare allo squillo del telefono o quando qualcuno, alle loro spalle, li chiama. Hanno bisogno del più assoluto silenzio per prendere sonno e si svegliano al minimo rumore.
Spesso cercano di sopprimere i ricordi, i pensieri e le emozioni assumendo farmaci sedativi e ansiolitici, bevendo in modo eccessivo o, per lo meno, cercando di distrarsi. E il loro più grande desiderio sarebbe non sentire più niente, sebbene quasi sempre siano consapevoli che questa, in fin dei conti, non è una vera soluzione.
Altri fanno di tutto per stare lontano da persone e situazioni che potrebbero riportare a galla sensazioni spiacevoli o metterli in condizione di subire un altro trauma. Un automobilista sopravvissuto a un grave incidente stradale, così, potrebbe smettere di guidare; un’impiegata di un supermercato vittima di una rapina potrebbe licenziarsi per non dover tornare al lavoro; una ragazza scampata a uno stupro potrebbe evitare di avere relazioni intime con l’altro sesso.
La sfiducia negli altri è una conseguenza tipica in particolare dei traumi da aggressione, soprattutto di quelli ripetuti o subiti in età precoce. Vicende come queste, inoltre, possono indurre senso di colpa e autobiasimo. Le vittime di abuso sessuale, non di rado, provano vergogna per quanto accaduto, faticano a parlarne e rimuginano su eventuali loro responsabilità nell’aver incoraggiato l’aggressore o, quanto meno, nel non essere state forti a sufficienza per fermarlo.
Un episodio si definisce traumatico quando è abbastanza impressionante da alterare la percezione di sé o del mondo: un incidente d’auto può indurre a credere che le strade siano un luogo in cui è a rischio, in ogni istante, la propria incolumità; un abuso sessuale può convincere che l’intero genere maschile rappresenti una minaccia; un terremoto disastroso può far nascere la certezza di non potersi mai sentire al sicuro quando si è al chiuso.
Un evento che mette in pericolo la vita può essere traumatico tanto quanto uno che pone l’individuo in una condizione soggettiva di vulnerabilità. E non per forza si deve essere protagonisti dell’evento. Dei quattro tipi di traumi elencati di seguito, infatti, quello indotto da avvenimenti vissuti in prima persona è solo uno.
tipo 1 Traumi causati da episodi vissuti in prima persona, cioè quelli derivati dall’esposizione a circostanze di cui la vittima è anche protagonista, fra cui vi sono:
tipo 2 Traumi causati da episodi vissuti come spettatori, nel momento in cui sono accaduti. Un trauma può essere suscitato anche da circostanze delle quali si è stati solo testimoni. Le più comuni sono:
tipo 3 Traumi causati da episodi vissuti come spettatori, in momenti successivi all’accaduto. Medici, infermieri, operatori del pronto soccorso, agenti di forze dell’ordine quali inquirenti, carabinieri e poliziotti sono in particolar modo a rischio di questi traumi, spesso provocati da una delle seguenti circostanze:
tipo 4 Traumi causati da episodi di cui non si è stati spettatori. Questi traumi sono gli unici prodotti in assenza di esposizione all’evento o alle sue dirette conseguenze. Gli episodi in grado di causarli, di solito, comprendono le aggressioni fisiche, le morti violente, gli incidenti gravi riferiti da terzi e riguardanti conoscenti stretti o famigliari. Tanti pazienti hanno vividi ricordi della stanza in cui erano nel momento in cui sono venuti a conoscenza della morte del genitore, del figlio o del partner o hanno flashback, a settimane o mesi di distanza, in cui sentono ancora la voce dell’agente di polizia o del medico che gli comunica la notizia.
L’espressione di un trauma varia in base al carattere e all’età. Molti bambini ne manifestano gli effetti con comportamenti di ritiro sociale: sono riluttanti all’interazione con i coetanei, ai giochi di gruppo o all’esplorazione di nuovi ambienti, dando la falsa impressione di essere solitari, passivi o timidi. I loro disegni, spesso, recano tracce evidenti dell’accaduto.
Altri hanno scoppi di rabbia e, in talune circostanze, agiscono in modo aggressivo; reazioni che, quasi sempre, nascondono tensioni e paure che non riescono a mediare in altro modo.
Dopo un trauma tanti adolescenti, invece, diventano meno propositivi e intraprendenti nel frequentare l’altro sesso o nel cogliere opportunità di formazione; meno fiduciosi, motivati e tenaci a impegnarsi in progetti a lungo termine. Altri possono manifestare comportamenti a rischio come la ricerca di emozioni forti e il consumo di sostanze, atti suicidari o parasuicidari, fra cui le bruciature e i tagli autoinferti.
Il trauma degli adulti, infine, si esprime più con l’insonnia, la tensione e l’evitamento. Tuttavia, l’esito peggiore è la depressione, che si evince dalla cosiddetta triade di Beck. Molti di loro colpevolizzano e biasimano se stessi per essere fragili, imputano agli altri secondi fini, inaffidabilità e indifferenza, considerano la vita una sequela di sofferenze e il futuro un problema irrisolvibile. Il trauma modifica la loro percezione della realtà o, meglio, il senso che vi attribuiscono. Sconvolti dall’esperienza, sentono di non essere più in grado di stabilire un vero contatto con il resto del mondo, perdono interesse nelle attività quotidiane e la capacità di trarre piacere dagli affetti famigliari, dalle amicizie o dal lavoro.
La maggior parte di coloro che sviluppano il Disturbo da Stress Post Traumatico manifestano i sintomi entro 3 mesi, sebbene il problema possa comparire anche a distanza di anni.
Esistono concrete possibilità di remissione spontanea del disturbo, che si realizzano in circa il 50% dei casi, in media entro 90 giorni dall’inizio del problema. La sintomatologia della restante metà dei pazienti, invece, in assenza di trattamento dura di più di 3 mesi e, a volte, è cronica. In diversi gruppi di veterani della Seconda Guerra Mondiale e di quella del Vietnam si sono osservati sintomi del PTSD lungo un arco di tempo di addirittura 50 anni e dati simili sono disponibili anche riguardo alle vittime di abusi sessuali, soprattutto di quelli prolungati e subiti in infanzia.
Il decorso del PTSD può essere ondivago, con periodi di parziale o totale remissione dei sintomi alternati ad altri in cui essi ricompaiono, per esempio in prossimità di ricorrenze o di eventi stressanti come una separazione, un licenziamento o un lutto.
L’ansia, i ricordi e i flashback possono tornare a farsi vivi anche quando ci si ritrova a contatto con circostanze in qualche modo collegate al trauma. Il sopravvissuto a un grave incidente stradale, per esempio, può averli quando decide di rimettersi alla guida. La vittima di uno stupro potrebbe sentirsi vulnerabile ogni volta che è sola con un uomo. Una persona scampata a un terremoto potrebbe rivivere gli stessi sentimenti, anni dopo, quando la terra torna a tremare.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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