L’ansia patologica si distingue da quella normale per alcune caratteristiche, fra cui l’intensità, la frequenza con cui si presenta e la maggiore "resistenza all’estinzione".
Una buona definizione di ansia, da dizionario, potrebbe essere: “Desiderio che fa stare in agitazione affannosa” (Dizionario della lingua italiana DeAgostini). Nel senso comune, tuttavia, il termine ha un significato diverso. Se chiedessimo a un gruppo di persone di definire l’ansia probabilmente otterremmo parole quali: stress, tensione, paura, pericolo. Insomma, la definizione popolare di ansia rimanda a qualcosa di negativo e forse coincide piuttosto con quella data dal DSM, il manuale utilizzato da psichiatri e psicologi a livello mondiale per fare diagnosi, secondo cui è “l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuro”.
In realtà l’ansia, in sé, non è né buona né cattiva: consiste in una serie di modificazioni fisiologiche e psicologiche che, a seconda dell’intensità, della durata e delle situazioni in cui si innescano può essere considerata normale o patologica. Per essere considerata normale, l’ansia deve avere una funzione adattiva per l’individuo.
Che cosa si intende per “funzione adattiva”? L’ansia, se ha certe caratteristiche, aiuta a sopravvivere e ad adattarsi meglio al proprio ambiente. Provate a immaginare uno studente universitario che non abbia il minimo timore di essere bocciato agli esami né la minima ansia di superarli per ottenere la laurea. Probabilmente non passerebbe molto tempo sui libri, preferendo dedicarsi ad attività più piacevoli. Il risultato? Nessun esame superato e laurea sempre più lontana. Un po’ d’ansia di sostenere esami e di non fare brutta figura aiuta a prepararsi al meglio, aumentando quindi le probabilità di successo. E’ questo che si intende quando si dice che l’ansia moderata ha funzione adattiva.
Immaginiamo però che questo stesso studente, invece di avere solo un po’ d’ansia, sia paralizzato dalla paura di non farcela, di non sapere abbastanza, di essere mal giudicato dal professore e dai compagni di corso. Tutto ciò interferirebbe con la sua preparazione e con la sua performance all’esame. Ecco che l’ansia, così espressa, ha una funzione disadattiva. Questa è la prima differenza fra ansia normale e patologica: quella normale è adattiva, quella patologica è disadattiva.
Non è ovviamente l’unica differenza, e dall’esempio di poco fa se ne possono intuire altre. Quella più evidente riguarda l’intensità dell’ansia. Se fa perdere il controllo e la lucidità dei propri pensieri è sempre da considerarsi patologica. L’ansia normale, infatti, ha la funzione di segnalare un possibile pericolo (per esempio la bocciatura all’esame) ma quasi mai raggiunge un’intensità tale da impedire di affrontarlo e superarlo. La seconda differenza fra ansia normale e ansia patologica, quindi, è che la prima ha un’intensità contenuta mentre la seconda ha il potere di togliere lucidità nell’affrontare il problema proprio perché, essendo molto intensa, diventa essa stessa il problema da affrontare.
Un’altra differenza fra i due tipi di ansia risiede nella loro “resistenza all’estinzione”. Uno studente universitario preoccupato per gli esami normalmente con il passare del tempo lo sarà sempre meno. L’ansia, cioè, tende pian piano a ridursi durante gli anni di corso. In effetti, si nota che gli studenti in via di laurea sono in genere molto più tranquilli rispetto all’inizio. Si dice, in questo caso, che l’ansia è andata in “estinzione”. L’ansia patologica tende a non andare in estinzione. All’ennesimo esame, lo studente ansioso proverà ancora la medesima tensione. La terza differenza fra ansia normale e patologica sta quindi nella diversa resistenza all’estinzione. L’ansia patologica tende, nonostante ripetute esposizioni, a non ridursi.
Un’ultima differenza risiede nelle conseguenze che questi due tipi d’ansia provocano. L’ansia normale, essendo contenuta e calando a seguito di esposizioni ripetute, motiva ad affrontare in modo efficace la situazione temuta. L’ansia patologica, essendo molto intensa e resistente all’estinzione, finisce invece per provocarne l’evitamento. L’ultima differenza fra ansia normale e patologica, quindi, è che la prima tende a produrre reazioni di affrontamento, la seconda reazioni di evitamento.
Come abbiamo visto fin qui, l’ansia non è tutta uguale. In chiusura, tuttavia, citiamo un’ulteriore differenza importante, quella fra ansia di stato e ansia di tratto. E’ stato uno studioso di nome Charles Spielberger, per primo, a introdurre questi due concetti e per capire cosa significano basta pensare alle persone che conosciamo: fra di loro sapremo indicare senz’altro almeno una persona spesso in ansia anche quando non è impegnata in alcuna particolare attività, e almeno un’altra che prova molta apprensione in talune circostanze ma che in generale sembra poco tesa. La prima ha ansia di tratto, la seconda ha ansia di stato.
L’ansia di stato, quindi, è un’ansia transitoria che si attiva in risposta a specifiche condizioni o situazioni. Cioè, è di tipo situazionale. Può essere anche molto intensa e raggiungere il grado patologico, ma si attiva sempre e solo in risposta a determinate circostanze, quelle giudicate pericolose.
L’ansia di tratto, invece, si riferisce alla disposizione generale verso l’ansia, cioè alla tendenza a rispondere con ansia a tutte quelle situazioni che possono contenere un pericolo, oggettivo o soggettivo che sia. Il concetto di “tratto” rimanda alla tendenza ad attivarsi emotivamente, a rimanere in allerta, a preoccuparsi e a spaventarsi sistematicamente davanti a situazioni nuove o che in passato hanno prodotto sintomi d’ansia. In genere, le persone che hanno ansia di tratto riferiscono di essere tese diverse ore al giorno, quasi tutti i giorni e spesso senza un motivo apparente, tanto da considerarlo un loro normale modo di essere. Molte di queste persone sono così abituate ad esserlo da non accorgersene nemmeno.
Ferme restando le differenze fra ansia normale e patologica descritte in precedenza, possiamo aggiungere che la presenza di ansia di tratto, soprattutto se marcata, è probabile segnale della presenza di ansia patologica.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
leggi altro su