Da cosa nasce la fiducia? E perché alcuni ne hanno così poca? Ecco tutti i fattori che ci portano a dubitare del nostro partner nelle storie d’amore.
Fra i partner, nelle relazioni amorose, molto spesso non c’è completa fiducia e in alcuni casi ce n’è davvero poca. Una forte gelosia, per esempio, essendo un sentimento che nasce dalla paura che la relazione possa finire, può derivare proprio dalla diffidenza riguardo ai sentimenti dell’altro.
In un’altra pagina abbiamo descritto come capire se siamo persone fiduciose o se tendiamo, invece, a pensare e agire in modo sospettoso. Abbiamo definito la sfiducia come la convinzione che gli altri, alla fine, ci mentiranno, inganneranno, tradiranno… o che già lo stiano facendo senza che ce ne siamo accorti. In questa pagina riprenderemo l’argomento, concentrandoci sulle ragioni per le quali, normalmente, la sfiducia nasce. Vedremo che, lungi dall’avere un’unica causa, sospettare è un “istinto” che si sviluppa per varie ragioni: a seguito dell’accudimento disfunzionale dei genitori, di traumi subiti in infanzia o adolescenza, di eventi negativi della vita adulta, quali tradimenti e separazioni.
Una certa dose di sfiducia negli altri è, probabilmente, connaturata all’Essere Umano e, se moderata, ha funzione adattiva. In altre parole, può metterci in guardia dalle persone che ingannano, maltrattano e abbandonano davvero. Se non sapessimo diffidare di queste persone ne avremmo probabilmente conseguenze molto negative. La sfiducia, al contrario, diventa disfunzionale quando è generalizzata a tutte le persone e le relazioni, perché finisce per produrre sensazioni pervasive di sconforto e solitudine.
L’atteggiamento di fiducia, inteso come insieme di convinzioni e sentimenti verso le relazioni affettive, è qualcosa che si sviluppa fin dalla tenera età e che continua a modificarsi, in certa misura, per tutta la vita. Di seguito discutiamo i più importanti fattori che concorrono a renderci persone più o meno fiduciose.
1 Il fattore famigliare. La famiglia è, senz’altro, il più importante “contesto d’apprendimento”. In famiglia il bambino impara a relazionarsi con gli altri, agendo e osservando agire. Per mezzo del loro esempio, i genitori “modellano” le convinzioni e i sentimenti del bambino anche sul tema della fiducia. Non a caso, spesso, le persone sfiduciate hanno avuto uno o più figure di riferimento a loro volta sospettose e diffidenti. Come tendono a comportarsi gli estranei? Si può dar loro fiducia o è bene tenerli sotto controllo? Si può credere a quello che dicono? Dagli atteggiamenti delle figure di riferimento su questi temi il bambino, attento osservatore dell’esempio altrui, non potrà che esserne influenzato. Nei casi in cui la sfiducia dei genitori sia addirittura rivolta a membri della famiglia stessa, il messaggio fornito al bambino rischia di essere particolarmente ansiogeno (“Non ci si può fidare nemmeno di chi ci è più vicino”).
2 Le esperienze di vita. Anche le esperienze vissute in prima persona sono di grande importanza. I maltrattamenti e gli abusi, psicologici o sessuali, sono esempi di esperienze che hanno grande probabilità di produrre sfiducia. Se perpetrati entro le mura domestiche, poi, rischiano di essere doppiamente dannosi perché proprio chi ha il compito di proteggere il bambino dai pericoli diviene egli stesso il maggiore pericolo. L’abuso fisico o psicologico subito in infanzia, comunque, non è l’unica forma di trauma responsabile della sfiducia nelle relazioni. Pesanti prese in giro da parte del gruppo di amici, atti di bullismo, il tradimento del fidanzato o della fidanzata durante l’adolescenza, una separazione o un divorzio burrascosi in età adulta sono tutte esperienze potenzialmente traumatiche che, di per sé, possono concorrere a rendere sfiduciato anche chi, altrimenti, non lo sarebbe mai diventato.
3 Il fattore biologico. Come appena detto, la sfiducia ha spesso a che fare con episodi negativi per lo più vissuti in infanzia o adolescenza. Si è visto che, mentre l’elaborazione consapevole di tali eventi è regolata dalla corteccia cerebrale, la memoria inconscia è invece gestita da meccanismi condizionati che hanno base nell’amigdala, un nucleo sottocorticale sviluppatosi, nel corso dell’evoluzione, molto prima della corteccia e più difficilmente regolabile, almeno in modo diretto. E’ proprio a livello dell’amigdala, oltretutto, che viene immagazzinato l’aspetto emotivo del trauma. Questo, fra l’altro, potrebbe essere il motivo per cui, quando si chiede a qualcuno il perché della sua sfiducia, spesso la risposta è: “Non mi fido perché quando lo faccio mi sento in pericolo”.
4 Il fattore psicologico. Non dobbiamo scordare, infine, che ciascuno di noi compie elaborazioni cognitive coscienti e volontarie su di sé, sul proprio futuro e sugli altri. Tale elaborazione è sotto il nostro controllo ed è proprio questo che, in definitiva, ci permette di lavorare efficacemente sulle nostre emozioni negative: operiamo strategie che, in qualche modo, innescano meccanismi per mezzo dei quali le cortecce cerebrali recuperano il controllo sui nuclei sottocorticali (Amigdala e altri), disattivandoli. Nelle persone sfiduciate, comprese quelle che hanno subito traumi, i meccanismi di gestione delle emozioni non sono del tutto efficaci e, addirittura, particolari pensieri ricorrenti e negativi possono finire per rinforzarle.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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