Le persone che soffrono di depressione manifestano quella che Aaron Beck ha chiamato Triade Cognitiva: la visione negativa di sè, degli altri e del futuro.
Nonostante i trattamenti farmacologici e psicoterapeutici siano sempre più efficaci, ancora oggi la maggior parte di coloro che soffrono di depressione non riceve cure adeguate. Secondo l’European Study of the Epidemiology of Mental Disorders (ESEMeD), solo 1 paziente su 10 segue una terapia con il giusto farmaco, della durata di almeno 6 mesi, e svolge una psicoterapia di almeno 8 sedute. Ma, dato ancora più allarmante, 6 persone su 10 fra coloro che rispondono ai criteri diagnostici della depressione non ricevono alcun tipo cura perché non si rivolgono a personale sanitario, nemmeno al medico di base.
In parte ciò è dovuto ai pregiudizi che, ancora oggi, sono collegati alla depressione: il pudore, o addirittura la vergogna, che si è indotti a provare nell’essere depressi scoraggia ancora molti dal chiedere aiuto.
In parte, però, la riluttanza a rivolgersi a figure specialistiche è una conseguenza di come la depressione stessa funziona, alterando il modo in cui l’individuo pensa a se stesso, agli altri e al futuro. Il pessimismo e il senso d’impotenza sono modi di sentire tipici nella depressione e sono ostacoli non da poco alla motivazione al cambiamento necessaria per intraprendere un percorso di cura.
La depressione si diagnostica in base alla presenza di sintomi sia fisici, sia psicologici, così come descritti dal manuale DSM 5, edito dall’American Psychiatric Association.
Nessun disturbo, più di questo, ha ripercussioni profonde sulla mente: la difficoltà a provare piacere ed emozioni positive, l’autosvalutazione e il senso di colpa, l’irritabilità e la sensazione di non poter sopportare gli imprevisti di tutti i giorni, anche i più piccoli.
Ma la depressione ha anche ripercussioni sul corpo. Chi ne soffre sente di non avere energie e che tutto sia troppo faticoso. Dorme poco, male, in modo non riposante oppure, al contrario, starebbe a letto tutto il giorno; non ha mai appetito o si alimenta in modo esagerato, sotto la continua spinta della fame “nervosa”.
Nel lontano 1967 uno psichiatra statunitense di nome Aaron Beck formulò un modello interpretativo che, per via della sua semplicità e chiarezza, è ancora oggi valido. La cosiddetta “triade cognitiva di Beck” è un’ottima spiegazione di come ragiona chi soffre di depressione.
Nella pratica clinica, il modello di Beck si osserva in modo sistematico. La persona depressa ha una visione negativa di se stessa, degli altri e del futuro. Vediamo, uno per uno, i tre punti della triade.
1 Chi ha un’immagine negativa di sé si percepisce inadeguato, in alcune o molte situazioni. Sente di mancare d’efficacia e, quindi, non crede di saper ottenere risultati o imparare allo stesso modo degli altri. Fa continui paragoni soprattutto con chi reputa migliore, più competente o di successo. Nel linguaggio comune, si direbbe che ha una cattiva autostima.
Oltre ciò, una tendenza frequente di chi ha una visione negativa di sé è autocolpevolizzarsi, cioè criticarsi e rimproverarsi per ciò che di negativo accade, anche quando le cause sarebbero da ricercare altrove. Coloro che si colpevolizzano sentono un gran numero di doveri e sono rigidi nel darsi ordini e regole. La conseguenza più frequente di queste abitudini è il senso di colpa, la rabbia e la tristezza.
Ecco alcuni esempi di visione negativa di sé.
2 Chi ha convinzioni negative sugli altri tende a vederli, in misura minore o maggiore, inaffidabili, egoisti, traditori, carenti d’empatia e incapaci di dare affetto. Questo secondo punto della triade di Beck è responsabile della sfiducia nei confronti del prossimo, della sensazione di non poter ricevere l’amore e le cure di cui si ha bisogno e della paura dell’abbandono.
Chi ha un’immagine negativa degli altri può tendere a due opposti estremi nei rapporti d’amicizia, amorosi e di lavoro: affidarsi solo a se stesso evitando di legarsi e chiedere aiuto, oppure aspettarsi che i propri bisogni ed esigenze siano sempre soddisfatti dagli altri, atteggiamento che porta a rimanere immancabilmente delusi.
Ecco alcuni esempi di visione negativa degli altri.
3 Chi ha un’immagine negativa del futuro tende a vederlo, allo stesso tempo, incontrollabile e pieno di eventi negativi. La filosofia di chi ha questa convinzione è ben riassunta dalla cosiddetta Legge di Murphy, secondo cui “Tutto quello che può andare storto, andrà storto”. Gli scritti dell’umorista statunitense Arthur Bloch sono zeppi di aforismi del genere, in cui coloro che temono il futuro non possono non riconoscersi. Per esempio “Se tutto è andato bene, qualcosa non ha funzionato” oppure “Se qualcosa sta andando bene non temere, c’è tutto il tempo perché vada male!”.
Chi ha una visione negativa del futuro teme per la salute propria e dei famigliari, si aspetta di essere licenziato da un momento all’altro o che la sua azienda prima o poi fallisca, teme di non avere abbastanza denaro per far fronte a spese impreviste o a un peggioramento delle condizioni di lavoro. Nel linguaggio comune si direbbe che è pessimista.
Ecco alcuni esempi di visione negativa del futuro.
In misura minore o maggiore ciascuno di noi può riconoscere in sé pensieri, atteggiamenti o comportamenti dalla triade cognitiva di Beck e ciò è da considerarsi normale; è razionale e inevitabile pensare di essere meno competenti di altri in certe attività. Allo stesso modo, può accadere di sentirsi non amati da persone a noi vicine. Ed è naturale avere momenti di sconforto in cui si teme per il futuro e si vede “tutto nero”.
Ma ciò che si osserva in chi soffre di depressione è la pervasività, la rigidità e l’intensità in cui la triade di Beck si manifesta. Chi è depresso vede se stesso come incapace, inutile e immeritevole d’amore. Vede gli altri come freddi ed egoisti e il futuro come un susseguirsi continuo di sventure incontrollabili.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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