Con il Rilassamento Muscolare Progressivo puoi ridurre la tensione residua che ti affligge quando sei a riposo e raggiungere la completa distensione muscolare.
Fra i fitti alberi di un bosco, in un silenzio rotto solo dal mormorio rassicurante delle acque di un ruscello, un cervo si sta dissetando.
Poi, d’un tratto, da qualche decina di metri più in là un rumore secco, appena udibile, di rami spezzati.
Il cervo alza la testa voltando lo sguardo, come pietrificato. Narici e pupille si dilatano, le orecchie si tendono, ogni senso è acuito. Il respiro accelera, la pressione arteriosa aumenta e il cuore iniziare a martellare. I muscoli si trasformano in fasci tesi, pronti all’azione.
La quiete di un attimo prima è scomparsa; la sete, anche. L’unico imperativo, ora, è sopravvivere: al minimo altro segnale di pericolo, inizierà una corsa a rotta di collo…
Sei a letto, dopo una frenetica giornata di lavoro che ti ha prosciugato le forze. Sul comodino hai un romanzo che ti sta appassionando ma lo lasci lì, ti si chiudono gli occhi. Spegni la luce aspettando il sonno che di certo non si farà attendere ma, proprio allora, ti sembra di udire un rumore proveniente dalla porta d’ingresso. Di colpo, una vampata d’ansia ti attraversa il corpo e un senso d’allarme ti affolla la mente: qualcuno sta cercando di entrare?
Rimani in assoluto silenzio, respiri a brevi scatti. In quel momento saresti in grado captare, a metri di distanza, il tintinnio di uno spillo che cade a terra, mentre ti accorgi della tachicardia che ti scuote il petto. Sei immobile, ogni singolo tuo muscolo è teso. Hai un disperato bisogno di capire cosa sta accadendo.
La natura ci ha dotato della “risposta di attacco o fuga”, un insieme di reazioni fisiologiche repentine, innescate per lo più dal sistema nervoso ortosimpatico, fra le quali vi sono l’aumento della frequenza respiratoria e di quella cardiaca; della pressione sanguigna, del tono muscolare, della concentrazione di glucosio nel sangue, del rilascio di adrenalina. L’obiettivo è renderci efficienti di fronte al pericolo.
A differenza degli altri animali, però, possediamo una mente che “parla”. E che, spesso, ci comunica che il futuro ci riserva sventure che non sapremo affrontare, che siamo incapaci, che non ce la faremo. Per noi esseri umani, anche convinzioni autocritiche e aspettative pessimistiche possono essere motivo di tensione. E allora, la risposta di attacco o fuga, che la natura aveva predisposto perché durasse lo stretto indispensabile per sfuggire a pericoli temporanei, può trasformarsi in una costante. Con tutte i danni che ciò comporta.
Da piccolo, con fatica, hai imparato a nominare ogni cosa con il giusto nome, memorizzando giorno dopo giorno centinaia di vocaboli.
Da adolescente ti sei sforzato di apparire adeguato, di soddisfare le aspettative altrui, degli amici e dei genitori.
E all’università? Non eri forse perseguitato dalla paura di fallire, dal dubbio di avere sbagliato strada, dalla deprimente certezza che, malgrado l’impegno, fosse tutto inutile?
Anche ora che sei adulto, di certo, avrai il tuo bel da fare per barcamenarti fra impegni, doveri e scadenze, tenendo in equilibrio vita famigliare e lavorativa.
Stress, fatica, paura di fallire, bisogno di realizzazione, di considerazione. Se ci pensi, è questo il “brodo” in cui nuotiamo fin dalla nascita. Una tensione lunga una vita che, talvolta, causa spiacevoli “effetti collaterali”.
Le cosiddette somatizzazioni, per esempio. Quell’ampia e ancora in parte inspiegata categoria di disturbi fisici, privi di chiare cause organiche, che comprende certi tipi di torcicollo, di mal di schiena e le cefalee muscolo tensive, i tipici mal di testa collegati all’eccessiva rigidità del tratto cervicale.
O, ancora, le infiammazioni del colon, che si irrita a causa dei muscoli circostanti i quali, contratti all’eccesso, finiscono per ostacolare il transito del cibo.
Per non parlare di quella tensione che non ti lascia nemmeno all’ora di coricarti, che ti fa passare le notti insonni, che fa sì che ti svegli troppo preso, di prima mattina; o già stanco, con le gambe affaticate, le mascelle indolenzite.
Formati un’immagine di calma e tranquillità: la spiaggia dove hai trascorso una vacanza rilassante o, magari, un luogo sereno della tua infanzia. Immedesimati nella scena e vedrai che, almeno un po’, il tuo corpo si rilasserà. Poi riporta alla memoria l’ultima discussione che hai avuto sul posto di lavoro o in famiglia e noterai l’opposto. Ogni tuo pensiero, emozione e sentimento ha un effetto neuromuscolare e può produrti tensioni senza che tu ne sia consapevole.
Sulla base di queste e altre considerazioni, nell’ormai lontano 1928, Edmund Jacobson ideò il Rilassamento Muscolare Progressivo, una tecnica efficace, naturale e del tutto priva di controindicazioni per apprendere la calma muscolare, prevenire e curare le somatizzazioni.
Al contrario di ciò che puoi pensare è normale che i muscoli si trovino in uno stato costante di tensione attiva, anche quando non sono contratti. L’eccesso di tale tensione, tuttavia, determina un’ipertonia dannosa.
obiettivo del Rilassamento Muscolare Progressivo è ridurre la tensione residua che ti affligge quando sei a riposo, per mezzo dell’apprendimento della completa distensione muscolare.
le fasi del Rilassamento Muscolare Progressivo sono quattro, da ripetere su ogni muscolo interessato:
Con il tempo ti sarà possibile eseguire gli esercizi da seduto o, addirittura, in piedi ma, all’inizio, per fare pratica la posizione più indicata è quella supina: allo scopo puoi utilizzare il letto o un materassino da palestra, l’importante è che il supporto non sia né duro, né troppo cedevole. Tieni le gambe leggermente divaricate e le braccia distese lungo il corpo, in modo che non lo tocchino; le mani aperte, ben distese. Trova una posizione comoda, che non ti induca contrazioni muscolari.
Se sei un novizio, allenati dapprima sui fasci muscolari estesi. Quelli delle braccia e delle gambe sono perfetti. Nella figura seguente è illustrato l’esercizio svolto sui muscoli al di sotto della rotula.
Da disteso, fletti il piede verso il ginocchio, lentamente. Noterai che i muscoli al di sotto della rotula, nella zona della tibia, si induriscono. Esercita una tensione progressiva: in una scala da 0 a 100, applica dapprima una tensione di 30, poi di 60 e di 90, cioè una tensione minima, media e medio-alta. In ciascuna fase, mantienila e presta attenzione. Cosa senti? Riesci a localizzare lo sforzo muscolare?
Fatto ciò, distendi il piede senza forzare o accompagnare il movimento. Rilascia pian piano il muscolo apprezzando, intanto, la distensione minima, media e massima. Al termine, resta in un completo stato di distensione.
Ripeti più volte la procedura, su una gamba e sull’altra. In fase di tensione, non indolenzire i muscoli con contrazioni eccessive o troppo prolungate.
Osserva l’immagine 2. Come vedi, si tratta di estendere il piede, un movimento che ha l’effetto di indurre tensione nella regione del polpaccio. Segui la stessa tecnica adottata in precedenza: indurisci appena il muscolo, prestando attenzione a ciò che senti; poi aumenta la tensione a 60/100 e a 90/100. Quindi rilascia il piede, apprezzando i tre gradi di distensione. Infine, resta in uno stato di completo rilassamento per alcuni secondi.
Ripeti l’esercizio su entrambe le gambe, sempre senza esagerare con le contrazioni: ricorda che questo è un allenamento per sviluppare il tuo “senso muscolare”, non una prova di forza.
Nella schiena vi sono numerosi distretti muscolari. Puoi lavorare su ciascuno di essi sia da posizione supina, sia da seduto. Se vuoi fare esercizio sul muscolo omoplata e del dorso, per esempio, devi portare indietro le spalle, come illustrato nella figura 3.
Adotta la solita tecnica: applica una contrazione minima, poi una media e una media-alta, localizzando i vari gradi di tensione. Infine, esegui il procedimento inverso.
Vuoi esercitare il muscolo trapezio? Porta in avanti le spalle, curvandole verso il basso. I muscoli del collo? Osserva l’immagine 4.
Se, da sdraiato, porti il collo all’indietro, sentirai tensione nella regione del muscolo splenio. Esercitati con pazienza: è essenziale che trovi il modo di applicare una precisa tensione ai distretti muscolari che ti interessa rilassare.
Gli esempi illustrati si riferiscono solo ad alcuni dei muscoli sui quali puoi allenarti. Lo puoi fare anche su quelli delle braccia, delle cosce, dell’addome, del torace, dei lombi, dei glutei. Se soffri di cefalee muscolo tensive dovresti concentrarti, oltre che sul collo, sul viso: sui muscoli della fronte, della regione degli occhi, delle tempie, delle labbra, della nuca. Invece, gli esercizi sui muscoli delle mascelle e delle guance sono indicati per il bruxismo.
Stabilire a priori quanto tempo occorre per apprendere la tecnica di Jacobson e godere dei primi risultati non è possibile, perché molto dipende dall’impegno con il quale ti eserciti, da quanto “senso motorio” possiedi già in partenza e da quanto è grave il problema tensivo. Avrai, forse, qualche difficoltà in più se sei sedentario, se non sei abituato all’esercizio fisico o a percepire propriocettivamente il corpo. Se pratichi sport, invece, sarai avvantaggiato.
Comunque, il Rilassamento Muscolare Progressivo è una tecnica alla portata di tutti e non richiede tempo o impegno eccessivi. Possono bastare dieci minuti quotidiani di pratica avendo cura di lavorare, almeno all’inizio, su un solo distretto muscolare alla volta.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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