Si iperventila spinti dall’ansia, oppure dall’erronea convinzione che sia utile per placarla. O, ancora, per semplice abitudine, senza accorgersene. E tu? Come respiri?
Sei seduto al tuo banco, in attesa che il professore ti consegni il foglio con le domande. Ti guardi attorno, noti gli sguardi tesi dei tuoi compagni di corso, in agitazione almeno quanto te. Hai davanti un’ora di prova scritta di un difficile esame all’università e ti senti le mani appiccicose. Le asciughi sui pantaloni e con una montagna di fazzolettini. Ma continuano a sudare.
Hai conosciuto un ragazzo davvero interessante e, quando ti ha chiesto di uscire, hai accettato. Arriva la sera dell’appuntamento. Sei motivata e incuriosita, vuoi capire se può nascere qualcosa. Ma, già all’entrata del locale dove ti sta aspettando, avverti una fastidiosa, fortissima tachicardia, come se il cuore volesse uscire dal petto.
Il tuo corpo si predispone alla “risposta di attacco o fuga” e, quindi, all’ansia, ogni volta che ti trovi in una circostanza di potenziale pericolo, per far sì che tu possa affrontarla o fuggire con prontezza. La dilatazione delle pupille, il blocco della digestione, la chiusura della vescica e dei visceri, l’aumento della tensione muscolare e della frequenza cardiaca sono solo alcuni dei cambiamenti fisiologici che la costituiscono. Tutti questi sintomi hanno, ciascuno, una specifica funzione ma un unico obiettivo: migliorare le tue probabilità di sopravvivenza.
Un esempio? Le ghiandole sudoripare, con la loro azione, mantengono fresca la superficie corporea che altrimenti, nel pericolo, si surriscalderebbe per effetto dell’energia spesa. Non a caso il corpo umano ne è letteralmente cosparso: se ne contano circa 3 milioni, delle quali buona parte si trovano sui palmi delle mani e sulla pianta dei piedi. E, infatti, sono proprio le mani e i piedi a sudare di più, un fatto imbarazzante, soprattutto in certi contesti sociali.
Perché queste due zone in particolare sudano tanto? Perché il sudore non ha solo la funzione di raffreddare il corpo. La specie a cui appartieni, l’homo sapiens, discende da primitive scimmie arboricole che vivevano parte del tempo sui rami come fanno, ancora oggi, lo scimpanzé e il babbuino. Sugli alberi i nostri lontani antenati riposavano, dormivano e si rifugiavano per sfuggire ai predatori che, pochi metri più in basso, si aggiravano terribili e voraci.
Per migliorare le capacità prensili di mani e piedi, allora, quale miglior modo se non quello di inumidirli con un po’ di sudore? Alla prossima scampagnata, prova: aggrappati al ramo di una pianta dopo esserti bagnato le mani con qualche goccia d’acqua. Noterai come è salda la tua presa. E considera che il sudore ha un potere adesivo ben maggiore dell’acqua, essendo composto anche di sostanze organiche e inorganiche quali sali minerali, creatinina, acido urico e ammoniaca. Per questo, in estate, il sudore ti incolla i vestiti al corpo.
E quel batticuore martellante, che arrivi a sentire nello stomaco, nei polsi, in gola, fino nelle orecchie? Per quanto spiacevole sia, aiuta la reattività. Fa sì che nel corpo circoli più ossigeno, il quale rende i muscoli scattanti e la mente ipervigile.
La respirazione alterata, o meglio l’iperventilazione: quella eseguita a piccoli scatti, con i soli muscoli del torace, oppure quella in cui inspiri a grandi boccate, a pieni polmoni. Un altro tipico sintomo dell’ansia, che serve a soddisfare il maggior bisogno di ossigeno in situazioni di minaccia.
Se ti stai chiedendo che rischio per la sopravvivenza possano rappresentare un esame universitario o un primo appuntamento, è comprensibile. La risposta razionale è: nessuno. Ma considera che siamo esseri umani e che abbiamo paure complesse. Di fallire, di essere disprezzati, rifiutati, di dimostrarci incapaci agli occhi altrui, inadeguati. La risposta di attacco o fuga e, quindi, l’ansia, si attiva anche di fronte a queste eventualità.
Puoi entrare in allarme al solo pensiero del futuro. Se lo temi, se non riesci a fare a meno di figurartelo nero, vivrai in una continua tensione nonostante, in effetti, nel presente tu non stia vivendo alcun pericolo.
L’ansia può diventare un modo di essere. Lo sa bene chi si descrive affermando: “Sono un tipo nervoso”; “Sono ansioso di carattere”. E quei sintomi, che la natura aveva predisposto perché durassero il tempo di sfuggire alle minacce, trasformarsi in un costante malessere.
Per capire come l’iperventilazione possa peggiorare l’ansia occorre approfondire, almeno un po’, ciò che accade durante la respirazione.
A ogni inspirazione, introducendo aria nei polmoni assimili ossigeno, che entra nella circolazione sanguigna attraverso i bronchi. Una volta nel sangue, l’ossigeno si lega all’emoglobina la quale, utilizzando anidride carbonica, al momento giusto se ne separa. Così, respiro dopo respiro, ogni singola cellula del tuo corpo è rifornita.
Perché il corpo riceva il giusto apporto di ossigeno, quindi, è importante che quest’ultimo sia presente nella giusta proporzione.
Proporzione che finisce per alterarsi con l’iperventilazione prolungata, che implica un’eccessiva introiezione di ossigeno ai danni dell’anidride carbonica. Così, l’emoglobina non può separarsene. Paradosso: il sangue ne è pieno mentre alle cellule scarseggia.
Per questo, quando sei in ansia, i muscoli delle gambe e delle braccia ti sembrano molli, privi di forze. E non riesci a concentrarti, a rispondere, a reagire con prontezza. Altro paradosso, iperventilare in eccesso provoca senso di sbandamento e confusione mentale come trattenere il respiro.
Ma non finisce qui. Il corpo si “accorge” che alle cellule non arriva abbastanza ossigeno e ti comunica un senso di “fame” d’aria. Paradosso numero tre: nonostante tu stia respirando a più non posso, ti sembra di non farlo abbastanza, che ti manchi il fiato, che i polmoni siano bloccati.
Nello stesso “tranello” cade il sistema che regola la frequenza cardiaca il quale, per ovviare al debito d’ossigeno delle cellule, comanda al cuore di accelerare per farne circolare di più. Paradosso numero quattro: mentre fai di tutto per calmarti, la tachicardia peggiora. Nella figura seguente puoi osservare questo circolo vizioso.
Una rassicurazione: la tachicardia non aumenta il rischio di infarto e la fame d’aria non fa soffocare. Per quanto intensi, i sintomi dell’iperventilazione non sono dannosi. Come il senso di sbandamento, di confusione e di “testa leggera” spariscono con rapidità. Appena smetti di iperventilare...
Ti capita di sospirare o di sbadigliare all’improvviso pur non essendo né stanco né annoiato, per esempio nei momenti di stress, quando devi affrontare una situazione sgradevole o che ti dà ansia? Forse stai iperventilando. I complessi meccanismi che regolano la respirazione, infatti, possono indurti a sospirare e sbadigliare nel tentativo di ripristinare il rapporto d’equilibrio fra ossigeno e anidride carbonica.
Puoi iperventilare spinto dall’ansia, oppure dall’erronea convinzione che sia utile per placarla. O, ancora, per semplice abitudine. Sì perché, se respirare è un atto naturale che svolgi in automatico da quando sei nato, saper respirare in modo regolare, lento e profondo richiede esercizio. Tanti non lo sanno fare e iperventilano senza accorgersene. E tu? Come respiri? Rispondi a queste tre domande e lo saprai.
1. Respiri troppo velocemente? Magari lo fai a brevi scatti o boccheggiando. A riposo dovresti compiere circa 10 respiri al minuto. Un respiro calmo, infatti, occupa circa 3 secondi in ispirazione e 3 in espirazione. Prova a misurare la tua frequenza servendoti di un orologio o di un cronometro. Se scopri che è maggiore di quanto indicato, è probabile che tu stia iperventilando.
2. Respiri con la bocca o forzi l’inspirazione, per esempio riempi i polmoni oltre il dovuto? Respirare con il naso dovrebbe essere la regola. Farlo con la bocca, al contrario, favorisce l’immissione di un’eccessiva quantità d’aria e, quindi, di ossigeno. Se hai questa abitudine è possibile che iperventili, anche se hai una frequenza respiratoria nella norma.
3. Respiri servendoti dei soli muscoli del torace? Respira per qualche secondo come sei solito fare. Intanto, presta attenzione al torace. Si gonfia quando inspiri e si sgonfia quando espiri? E le spalle? Si alzano e si abbassano? Se sì, allora sei in buona compagnia. Molte persone respirano utilizzando solo il torace, in particolare il piccolo pettorale, un muscolo profondo che, nella sua azione, eleva le coste e il grande pettorale, che dilata il torace. Puoi osservarne un’illustrazione nella figura seguente.
Vedi il torace e le spalle praticamente fermi e la pancia contrarsi e decontrarsi? Allora respiri servendoti in prevalenza del diaframma, un muscolo a forma di cupola, posto alla base dei polmoni, che separa la cavità toracica da quella addominale. La sua morfologia lo rende perfetto per espandere e rilassare i polmoni con la dovuta lentezza, con uno sforzo minimo e riempiendoli nel modo dovuto.
La respirazione toracica, a diaframma bloccato, ha una serie di controindicazioni:
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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