Le tecniche di rilassamento consistono in esercizi mirati a produrre la distensione del corpo e la tranquillità della mente.
Quando si parla di stress inevitabilmente si pensa a qualcosa di negativo e dannoso. In realtà, moderate e momentanee quantità di stress sono inevitabili e persino funzionali; motivano all’azione e migliorano le prestazioni, rendendoci più reattivi per affrontare le piccole e grandi sfide quotidiane.
I problemi, invece, nascono quando di fronte a certi eventi non riusciamo a mobilitare le risorse necessarie. In questi casi la percezione di stress perdura e può “somatizzare”, producendo i sintomi più diversi fra cui le cefalee, i problemi gastrointestinali, il dolore cronico, la pressione alta o ipertensione, i disturbi cutanei, gli acufeni, le tensioni muscolari, il cardiopalmo, il bruxismo e le tensioni mandibolari. Lo stress ha anche effetti specifici di genere: nei maschi può favorire la disfunzione erettile e il calo del desiderio sessuale, nelle femmine può incidere sulla regolarità del ciclo mestruale, sulla fertilità e, nell’attività sessuale, peggiorare o inibire l’orgasmo.
Se da un punto di vista fisico lo stress si manifesta attraverso sintomi evidenti, sul lato psicologico è un concetto più astratto. Per approfondirlo iniziamo con una definizione.
Quindi, lo stress è collegato al senso di padronanza o competenza, all’autoefficacia e all’autostima. È una diretta conseguenza del fatto di considerare il problema risolvibile o irrisolvibile e, soprattutto, di quanto riteniamo noi stessi in grado di farvi fronte.
Essendo una conseguenza del modo soggettivo di interpretare gli eventi e di farvi fronte, in teoria qualsiasi situazione può provocare stress. Volendo considerare quelle più comuni si può, tuttavia, raggrupparle in due categorie, quella delle condizioni di vita e quella degli eventi singoli.
Per “condizioni di vita” si intendono condizioni generali e perduranti in ambito personale, famigliare e lavorativo. Di seguito alcuni esempi:
Gli eventi singoli, invece, sono quelli che intervengono a produrre cambiamenti di condizioni precedenti. Ecco alcuni esempi:
Occorre precisare, tuttavia, che non tutti gli eventi stressanti sono negativi. Un matrimonio, la nascita di un figlio, l'inizio di un nuovo impiego sono esempi di circostanze stressanti ma positive. Ribadiamo, infatti, che non è solo la natura dell’evento a determinare lo stress ma anche e soprattutto l’elaborazione che se ne fa, la percezione della propria padronanza e competenza e le strategie che si impiegano per farvi fronte.
Nel linguaggio comune il termine “insonnia” rimanda a una varietà di condizioni: alla difficoltà o incapacità a prendere sonno, ai risvegli prematuri o nel cuore della notte, al sonno superficiale o poco riposante. Nella fascia d’età che va dai 18 ai 70 anni si stima che l’insonnia, nelle varie forme, colpisca più del 30% degli italiani, una proporzione enorme ma in linea con quella degli altri paesi occidentali industrializzati.
Esclusi i casi dovuti a disfunzioni organiche, che sono una piccola parte, le due cause principali dell’insonnia sono la depressione e lo stress. La depressione si collega per lo più con i risvegli prematuri mentre lo stress sembra provocare, più spesso, la difficoltà o l’incapacità di prendere sonno.
Fra chi soffre d’insonnia dovuta allo stress più del 40% attribuisce la causa alle preoccupazioni famigliari o lavorative, mentre il 16% si sente “schiacciato” dagli impegni e dalle scadenze. In quest’ultima condizione si ritrovano soprattutto le donne che, purtroppo ancora oggi, sono chiamate a gestire lavoro, impegni domestici e figli allo stesso tempo e, spesso, da sole.
Tutte le tecniche di rilassamento, pur nella loro diversità, si basano sul principio secondo cui il tono della muscolatura striata e liscia influenza le funzioni psichiche e ne è, a sua volta, influenzato. In altre parole, quando i nostri pensieri hanno un contenuto di pericolo i nostri muscoli, soprattutto delle gambe, delle braccia e della schiena, si tendono per prepararci a fronteggiarlo. Viceversa, la tensione muscolare “comunica” messaggi di pericolo alla mente che, quando il corpo è teso, ragiona in modo teso.
Proprio su questa base comune, Durand de Bousingen, grande studioso di Training Autogeno, suddivide tutte le tecniche di rilassamento in due categorie: alla prima appartengono i metodi che hanno un punto di partenza fisiologico, alla seconda quelli che hanno un punto di partenza psicoterapeutico. I primi tendono a essere metodi analitici, cioè centrati su singole parti del corpo, i secondi si propongono, invece, una maggiore profondità e globalità.
Le tecniche di rilassamento con un punto di partenza fisiologico sono mirate al rilassamento dei muscoli striati periferici e perseguono l’obiettivo attraverso un training di “educazione del senso muscolare”. Gli esercizi che le compongono migliorano la capacità di discriminare la contrazione dal rilassamento e, quindi, di indursi distensione. Fra le tecniche di rilassamento derivate dalla fisiologia muscolare vi sono il Training Compensato di Aiginger, la tecnica di Jarreau e Klotz, e il Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson, che insegniamo in un corso specifico.
Le tecniche di rilassamento con un punto di partenza psicoterapeutico, invece, pongono un particolare accento sulle componenti psicologiche del rilassamento. Implicito in questi metodi vi è il presupposto che la tensione sia la conseguenza di un approccio mentale centrato sugli aspetti negativi della realtà. Attraverso la decontrazione muscolare e la dislocazione dell’attenzione su determinate sensazioni somatiche indotte, si propongono di provocare la “deconnessione psichica” che è alla base di ogni rilassamento profondo. Tecniche appartenenti a questa categoria sono l’Allenamento Psicofisiologico di Ajuriaguerra, la Regolazione Attiva del Tono Muscolare di Stokvis e il Training Autogeno di J.H. Schultz, che è forse la tecnica più nota in assoluto e che insegniamo in un corso specifico.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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