Se stai vivendo la rottura di una relazione sai bene quanto, questa, possa essere un’esperienza dolorosa. E, in effetti, ha diversi punti in comune con il lutto.
Cos’è l’amore? Un filosofo ti spiegherebbe che è la ricerca del bene altrui senza aspettarsi nulla in cambio. Che ami davvero quando vai al di là degli istinti e delle pulsioni.
Un neuroscienziato, invece, ti descriverebbe l’amore con il linguaggio pragmatico della chimica. Bruci di passione? C’entra la feniletilamina. Non riesci a dormire? Colpa della dopamina. Non sai fare a meno del tuo lui o della tua lei? L’ormone dell’attaccamento è l’ossitocina.
Uno psicologo, infine, definirebbe l’amore come un sentimento determinato dalle necessità d’affetto, di protezione, di sesso. Ti innamori di chi sa soddisfare questi tuoi bisogni naturali. O di chi vorresti fosse in grado di farlo…
Ma queste prospettive, basate senz’altro su valide ragioni, sembrano cogliere solo una parte dell’essenza di quello che chiamiamo amore. Che rimane, in definitiva, un mistero.
Un mistero che pratichiamo fin da giovani. Ricordi quando, per la prima volta, hai perso la testa per qualcuno? Il pensiero fisso, il batticuore che ti prendeva se ti ci trovavi accanto, la certezza che fosse tutto ciò che avresti mai desiderato.
In fondo passiamo l’intera esistenza alla ricerca dell’amore, a trattenerlo quando lo raggiungiamo, a soffrire se lo perdiamo.
Se, tuo malgrado, ti è appena finita una relazione importante sai bene quanto, questa, sia un’esperienza dolorosa. In effetti, nell’affrontarla attraversi le stesse 5 fasi di un lutto.
Vivendo in coppia ti abitui a fare progetti che includono sempre l’altro, a immaginare il futuro in due. Un partner ti riempie la vita con i suoi gesti e i suoi modi di esprimersi che con il tempo, almeno un po’, diventano tuoi.
Ma se il legame si spezza, di colpo tutto svanisce. Il tuo mondo va sottosopra tanto che, all’inizio, potresti non essere in grado di prenderne atto: certe realtà sono a tal punto intollerabili da dover essere negate.
Il rifiuto, spesso, è la prima reazione alla rottura di un legame affettivo.
come sapere se sei in questa fase Ti sembra di vivere in un brutto sogno? Credi che lui o lei stia solo attraversando una crisi momentanea? Che quello che prova per te non sia svanito per sempre? Allora sei nella fase di negazione. Altri esempi pratici? L’eccessivo consumo di alcol, il sesso occasionale, l’iperlavoro, l’abuso di droghe o di psicofarmaci, anche questi sono comportamenti che sottintendono il tentativo di rimuovere la perdita.
e se resti bloccato in questa fase? La negazione è una risposta naturale all’abbandono ed è funzionale a proteggerti da sentimenti che sulle prime, forse, non sapresti altrimenti affrontare. Ma se diventa cronica può immobilizzarti in una realtà che esiste, ormai, solo nella tua mente. In una patologica negazione potresti addirittura continuare a pretendere la vicinanza e la fedeltà dell’ex, a fare scenate e provare gelosia come se la rottura non fosse mai avvenuta: è ciò che, nei casi estremi, accade agli stalker.
Fuggire dalla realtà non è qualcosa che si possa fare in eterno: chi ami non è più con te, non ti rende più partecipe delle sue giornate, compie scelte nelle quali non ti include. Così, alla fine, sei costretto a “patteggiare”.
Se la precedente fase era sorretta dal rifiuto, il patteggiamento è basato sulla speranza che sia possibile riavere indietro chi ti ha lasciato, far rivivere il passato.
Nonostante sia spesso destinato a infrangersi contro il solido muro della realtà, il patteggiamento è un passo in avanti nell’elaborazione del lutto perché, almeno, è una condizione che non presuppone più la negazione della perdita.
come sapere se sei in questa fase Vorresti convincere l’altro che tornare indietro sia la scelta migliore? Stai cercando di farlo ingelosire frequentando certi luoghi o persone? Hai cambiato look apposta per riaccendergli il desiderio? Consulti internet alla ricerca della strategia infallibile per riconquistarlo o di una spiegazione “scientifica” dell’accaduto? Allora sei nella fase del patteggiamento, che è fatta di promesse: “Se tornerai, cambierà tutto”. E di speranze: “So che provi ancora qualcosa per me, lo sento”.
e se resti bloccato in questa fase? Scoprire che tiene d’occhio i tuoi profili social, che ha chiesto di te ad amici comuni; perfino una semplice telefonata per sapere come stai: il desiderio di riaverlo indietro può portarti a interpretare ogni suo gesto come segno di ravvedimento. Ma se i suoi sentimenti sono davvero cambiati, purtroppo, qualsiasi passo avanti verso un ritorno si rivelerà, nel migliore dei casi, effimero, se non illusorio. Come la negazione, anche la speranza può trasformarsi in una trappola, trattenendoti nella desiderosa attesa di un futuro che non si realizzerà. Già Plutarco, filosofo dell’antica Grecia, sosteneva che, come non si può mangiare un pesce pescato utilizzando il veleno, così non ci si dovrebbe fidare di qualcuno conquistato per mezzo di trucchi, perché i suoi sentimenti si riveleranno effimeri.
Con mirabile pazienza attendi che le cose cambino e intanto, tessi la tela. Ma i risultati non arrivano. Allora, sotto la pressione dell’ossessivo bisogno di sapere chiedi un confronto, la possibilità di parlare. Vuoi risposte definitive. Ma trovi, da parte sua, i soliti dubbi, le stesse scuse impacciate dell’ultima volta, giustificazioni pronunciate a mezza voce. Una sostanziale indisponibilità a riprovarci. E la rabbia, che in fondo covavi già da tempo, ti si scatena dentro.
La fase della rabbia inizia dopo che i tentativi di patteggiamento falliscono, quando perdi le speranze che l’abbandono sia solo momentaneo. Visto che ogni proposito si è dimostrato vano, alla fiducia si sostituisce la collera. Che sfoghi sull’ex, oppure sull’eventuale terzo responsabile della rottura. O magari su di te, biasimandoti per non avere capito prima ciò che stava accadendo, o perché continui a starci male.
Nonostante tutto, rispetto al patteggiamento la rabbia è un ulteriore progresso: è il segno che hai iniziato a comprendere l’irrimediabilità della perdita.
come sapere se sei in questa fase Hai la mente invasa di scene immaginarie in cui urli le tue ragioni contro chi ti ha lasciato, lo colpisci freddamente con le tue verità, lo sbugiardi elencandogli le sue mancanze? Stai pianificando di vendicarti, per esempio di uscire con qualcuno di sua conoscenza solo per il gusto di fargliela pagare? “Ho sprecato anni con una persona come te!”; “Se avessi saputo prima chi sei davvero, non avrei fatto l’errore di innamorarmi!”. Gli telefoni o gli scrivi accusandolo delle peggiori nefandezze, di averti mentito, preso in giro, di avere tradito la tua fiducia e le speranze che riponevi nella relazione? Se sei alla ricerca di un colpevole o credi di averlo trovato, allora sei nella fase della rabbia.
e se resti bloccato in questa fase? “Se non puoi riaverlo, impara a disprezzarlo, così non lo vorrai più”. La rabbia è utile all’elaborazione del lutto perché rappresenta un mezzo per distaccarsi dall’altro, svalutandolo. Ma, se si trasforma in un cronico modo di sentire e di comportarsi, può immobilizzarti in un eterno presente nel quale conta solo avere la meglio su chi ti ha ferito. Una condizione da evitare, in particolare laddove vi siano figli che, nel mezzo di tormentose separazioni, finiscono per diventare armi per colpire l’altro genitore. Oppure nel caso di coloro che agiscono la rabbia fisicamente. Molti omicidi da parte di uomini accecati dall’ira sono commessi proprio all’ultimo incontro, dopo che fallisce il loro ennesimo tentativo di patteggiamento.
La rabbia è tonificante: nella collera, la brama di rivalsa ti sorregge.
Ma la rabbia è anche un’emozione faticosa. Così, appena le energie necessarie per rinfocolarla ti vengono meno, cominci a sentire disperazione.
Nella fase di “depressione”, per la prima volta, affronti la perdita faccia a faccia. Non hai più modo di rifiutarla o di conservare le speranze di porvi rimedio, né hai la forza di continuare a provare risentimento. Senti solo una profonda tristezza, uno stato che, per quanto possa sembrarti indesiderabile, in realtà è la via d’uscita dal lutto.
come sapere se sei in questa fase “Non riuscirò mai più a innamorarmi”; “Perché dovrei conoscere qualcuno? Sarebbe inutile”. Se senti che non potrai mai risollevarti dalla batosta ricevuta, allora sei nella fase di depressione. “Ho sbagliato tutto” forse ti dici, con amarezza. Potrebbe darsi che tu abbia anche perso la fiducia nell’altro sesso, a maggior ragione se hai scoperto un tradimento, bugie, inganni.
e se resti bloccato in questa fase? Sicuro di non poter tornare a essere felice, ti intrappoli in un passato idealizzato che non torna e che, proprio per questo, diventa motivo di continuo rimpianto. Certo di avere perso tutto e per sempre, non agisci per rialzarti rendendo, di fatto, tale convinzione una realtà.
Di fronte a una grave perdita non è facile conservare la lucidità necessaria per continuare a prendersi cura di sé, a immaginare il domani con un briciolo di speranza.
Ma un lutto si supera proprio agendo nonostante l’apatia, un giorno per volta, pur nel dubbio che sia tutto inutile. Facendoti circondare dall’affetto di chi hai accanto, permettendo ad amici e famigliari di aiutarti. Per esempio, sforzandoti di non declinare ogni loro invito. E stando alla larga il più possibile da sentimenti di rivalsa e dalle vane speranze di tardivi ritorni.
Accettare un abbandono significa prenderne atto, nella consapevolezza che sia possibile vivere nuove esperienze felici. Non per forza esclude la nostalgia, la mancanza di chi hai perso, né la rimozione del dolore vissuto.
Accetti una perdita quando riesci ad affrontare il ricordo di chi ti ha lasciato senza sprofondare nella malinconia o ribollire di rancore. E quando ricominci a fare progetti.
Quanto dura un lutto? Se solo ora stai iniziando a elaborare la fine di una storia d’amore, sii consapevole che ti aspetta un sentiero tortuoso: dopo settimane di apatia potrà tornare a farti visita una rinnovata rabbia. Senza alcuna ragione apparente, dopo un periodo di serenità in certi momenti ti assalirà la vecchia, indesiderata tristezza. Cerca, comunque, di non perdere la strada. L’elaborazione di una perdita non è quasi mai un cammino lineare ma dipende, in larga parte, dalle tue azioni.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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