Essere socialmente competenti presuppone la capacità di esprimere emozioni e opinioni con calma e fermezza ma, soprattutto, di adattare il comportamento alla situazione.
La vita di gruppo di api e formiche è tanto complessa da essere stupefacente. Quella dei lupi e delle scimmie, addirittura, è regolata da dinamiche simili alle nostre.
Ma la socialità della nostra specie è unica, formandosi per effetto dell’esperienza ben più che dell’istinto.
L’apprendimento delle competenze sociali è un percorso che inizia fin dalla nascita, nell’interazione con la mamma e il papà, contesto in cui si impara a esprimere richieste ed emozioni, a cogliere i bisogni altrui e ad affermare i propri.
Non è un caso che la maggior parte di coloro che mancano di abilità sociali non abbiano goduto, da giovani, di opportune occasioni d’apprendimento, vivendo a contatto con adulti a loro volta sprovvisti di competenze oppure nella trascuratezza.
Ma analoghi deficit possono anche essere il risultato di circostanze più comuni, per esempio nascere da contesti di aggressività o da quelli in cui il silenzio è la principale strategia di risoluzione dei conflitti.
Cresciuto in un tale clima, un bambino avrà buone probabilità di diventare un adulto carente di abilità relazionali: la scarsa fiducia in sé e l’ansia verso gli altri, nel frattempo, saranno diventate abitudini.
I piccoli osservano i grandi e ne traggono “modelli”. Senza volerlo, un genitore che si isola potrebbe trasmettere al figlio lo stesso atteggiamento. Uno che parla con gli altri papà e mamme favorisce l’esito opposto.
Ma gli adulti non sono i soli a plasmare le abilità dei piccoli. I figli unici, quelli che non frequentano l’asilo nido o la scuola materna hanno meno occasioni di osservare gli altri bambini proprio nel momento in cui ciò sarebbe più importante: i coetanei esercitano un ruolo determinante nel fornire strumenti di socialità.
Vi sono, infine, le esperienze condizionanti. In effetti, circa il 60% dei pazienti con Fobia Sociale ricorda vecchi episodi di critica o esclusione, per esempio umiliazioni da parte di un insegnante, oppure atti di bullismo. Circostanze traumatiche che possono intaccare la sicurezza di sé e indurre inibizioni.
Un ragazzo costretto ad alzare la voce per essere ascoltato dai genitori, oppure a sottomettersi a compagni di classe prepotenti, se fa propri tali modelli d’interazione si troverà, in seguito, spaesato: nel mondo degli adulti sono efficaci ben altri comportamenti.
“Sapersi comportare” non per forza significa essere eloquenti, colti o estroversi. Presuppone, invece, l’empatia, la naturalezza, la calma e la fermezza nel comunicare emozioni e opinioni, la capacità di adattarsi alla situazione, di cogliere i segnali interpersonali e rispondervi con coerenza.
Più che l’erudizione, le doti da leader o la simpatia, quindi, alla base della competenza sociale vi è la flessibilità. In effetti non esiste un atteggiamento “giusto” in ogni circostanza: essere vivaci e spiritosi è appropriato a una festa, non lo è in una silenziosa biblioteca.
Altro tratto distintivo della persona con buone abilità sociali è l’assertività, cioè la capacità di esprimere bisogni, opinioni ed emozioni con franchezza e semplicità, nella consapevolezza di avere sempre il diritto di essere trattati con rispetto.
Essere assertivi riguarda sia la forma, sia la sostanza di ciò che si dice. Chi è assertivo non si sente costretto ad accondiscendere ma non umilia, critica o aggredisce chi ha idee diverse dalle proprie. Afferma le proprie emozioni e capisce quelle altrui, sa chiedere nel momento del bisogno, sa dire “grazie” e “no”.
Un modo di fare che, di certo, richiede esercizio e che non viene di per sé naturale come, invece, la passività o l’aggressività.
La passività è l’abitudine a porsi in secondo piano. Chi è passivo quasi mai contraddice e non manifesta opinioni se prevede di trovare opposizioni. Questo atteggiamento rivela mitezza d’animo? Buona educazione? In realtà è la conseguenza dell’incapacità di fronteggiare le critiche, della paura di deludere e di perdere la stima. La passività è il risultato educativo tipico delle famiglie in cui le esigenze dei singoli non sono espresse, se non in modo sottinteso o manipolativo, oppure di quelle in cui vi è un genitore dominante. La sottomissione, in questo secondo caso, è finalizzata a neutralizzarne l’aggressività.
Aggressivo, al contrario, è chi considera importanti solo i propri bisogni. Gli aggressivi, in genere, provengono da famiglie trascuranti, nelle quali i genitori sono assenti o vi è lassismo nello stabilire limiti e regole, oppure da quelle in cui la prepotenza e l’uso della forza è la sola strada per farsi valere.
Infine, il comportamento passivo-aggressivo racchiude in sé entrambi gli atteggiamenti. Una persona è passivo-aggressiva se si prende carico di un’incombenza che in realtà non vorrebbe e poi, accampando scuse, non la porta a termine. Allo stesso modo è passivo-aggressivo chi manifesta rabbia o contrarietà con il sarcasmo o con l’ironia, cioè non apertamente.
Istruzioni per compilare il test: il seguente questionario è predisposto per misurare le tue competenze sociali. Ricorda di indicare, per ognuna delle 20 affermazioni, UNA SOLA RISPOSTA, quella che più somiglia al tuo abituale modo di agire. Al termine del test clicca sul pulsante “Finito” per avere l’esito, che potrà essere: 1) Competenze sociali basse; 2) Competenze sociali medio-basse; 3) Competenze sociali nella media; 4) Competenze sociali medio-alte; 5) Competenze sociali alte.
RICORDA: il test è gratuito, anonimo e ha una validità basata sull’osservazione clinica. Il suo esito non ha valore diagnostico.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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