Il lutto anticipatorio è quel tipo di lutto che inizia ancora prima della perdita, per esempio quando una persona a noi cara sta soffrendo di una malattia incurabile.
Il lutto, il sentimento legato alla perdita, nell’essere umano può assumere particolare complessità. Si può sentirlo per la morte di un proprio caro o in conseguenza di un abbandono, come alla fine di una relazione amorosa.
Ma non solo: i sentimenti di tristezza, di disperazione e d’impotenza di una persona che ha subito un licenziamento sono paragonabili e altrettanto forti.
Inoltre, l’esperienza del lutto può essere complicata dal fatto che è possibile sentirlo in modo “anticipato” quando temiamo, o sappiamo, di stare per perdere qualcosa d’importante. Coloro che soffrono di paura dell’abbandono conoscono bene questa condizione, sentendo la ferita della fine del legame affettivo pur non essendosi ancora verificata. Queste persone vivono qualcosa di molto simile a un continuo lutto anticipatorio.
Un tipo ben conosciuto di lutto anticipatorio è quello che investe i famigliari di chi soffre di patologie gravi, quali quelle neurodegenerative o oncologiche.
Ciascuna malattia segue particolari tempistiche e dà al paziente differenti prospettive di vita. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), per esempio, colpisce per lo più gli adulti e ha un decorso letale rapido, di soli 18 mesi nella metà dei casi. Il Morbo di Alzheimer, invece, tende a manifestarsi in prevalenza durante la terza età ed è più lento. Alcuni pazienti convivono con questa malattia anche per 20 anni. Le patologie cancerose, infine, più di frequente riguardano anche i giovani e, a seconda del tipo e della gravità, possono essere curate in modo risolutivo.
Il modo in cui il lutto anticipatorio si esprime dipende anche dalla cronicità della malattia.
La famiglia del paziente con patologia in fase terminale, confrontandosi con l’imminenza della perdita, può manifestare reazioni emotive e meccanismi di difesa molto intensi i quali, purtroppo, possono generare ulteriori conseguenze negative.
In particolare, il lutto anticipatorio può produrre azioni di abbandono prematuro, per esempio lasciare il proprio caro ricoverato in ospedale o in clinica delegando tutte le cure e l’accudimento al personale sanitario. Questo comportamento non dovrebbe essere confuso con l’indifferenza che si osserva in alcune famiglie di tipo “svincolato/disgregato”. Azioni d’abbandono, infatti, possono verificarsi anche in quelle in cui i rapporti sono solidi e, in tal caso, dovrebbero essere considerate difensive.
Una seconda possibile reazione di difesa al lutto anticipatorio è la negazione della realtà di morte, riconoscibile dal fatto che il paziente è trattato come fosse quello di un tempo: gli vengono assegnate responsabilità di cui, però, non riesce più a prendersi carico o gli sono richiesti, in forma più o meno diretta, comportamenti o sentimenti incompatibili con la sua malattia. Non si dovrebbero confondere queste azioni con il cinismo o l’indifferenza nei confronti della malattia, perché è probabile che esse rappresentino il tentativo di evitare la realtà della perdita e del dolore ripristinando le condizioni famigliari precedenti.
Una terza reazione al lutto anticipatorio è la speranza della morte del malato. Questo sentimento è naturale e comprensibile anche se, altrettanto comprensibilmente, chi lo prova tende a sentirsi in colpa e a pensare di non doverne parlare. La speranza della morte del congiunto ha una duplice valenza; da un lato sancirebbe la fine delle sofferenze del malato, dall’altro libererebbe i familiari dalla sofferenza del lutto anticipatorio che, a volte, dura anni. E, infatti, si innesca per lo più a fronte di lunghe malattie che sottraggono, pian piano, le forze al malato e a coloro che gli forniscono assistenza, provocando il burn-out, una sindrome da stress ben studiata negli operatori socio-sanitari ma che può colpire chiunque presti cure a persone bisognose e che comprende sintomi quali l’affaticabilità, l’insonnia, la mancanza d’energie, l’irritabilità e l’aggressività, fino alla Depressione.
Ogni famiglia, anche la più piccola, è un sistema complesso di dinamiche perché ciascun componente ha età e ruolo differenti ma, soprattutto, diversa personalità, con specifici valori e convinzioni. Nonostante i membri di una famiglia condividano la stessa storia, infatti, non è per nulla detto che abbiano la stessa visione del mondo, che si sviluppa anche in funzione delle esperienze vissute all’esterno e del proprio temperamento. Da questa seppur breve introduzione è facile intuire come anche un sistema familiare “normale” sia per propria natura portato a un certo grado di disfunzionalità.
Tutte le famiglie, nel momento in cui uno dei componenti si ammala in modo grave, sono sottoposte a stress e alla necessità di riorganizzarsi. In simili situazioni alcune riescono meglio di altre a far fronte alle necessità del cambiamento senza perdere coesione. In particolare, una famiglia funzionale:
All’estremo opposto sono stati individuati diversi tipi di famiglia i cui rapporti sono maladattivi perché improntati all’isolamento, all’esclusione, alla manipolazione o alla critica e che, quindi, rischiano di non avere adeguate risorse per fronte alla malattia e alla perdita del congiunto. Di seguito sono elencate le 5 tipologie di famiglia disfunzionale, ciascuna descritta in base alle sue peculiari caratteristiche.
La famiglia muta/congelata
La famiglia rigida
La famiglia conflittuale
La famiglia svincolata / disgregata
La famiglia rifiutante / squalificante
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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