Vari disturbi riguardano, nello specifico, il sonno REM e non-REM. Per esempio le parasonnie, che si manifestano in comportamenti anomali quali camminare, parlare e urlare mentre si dorme. In questa pagina le vedremo in dettaglio.
Si può definire “uno stato fisiologico, autolimitato nel tempo e reversibile, di ridotta reattività agli stimoli ambientali e di alterazione della coscienza”. Ma ne esistono innumerevoli altre descrizioni: ancora oggi, in fondo, per la scienza il sonno è un mistero.
Mentre dormi i tuoi occhi non vedono, le orecchie non sentono, smetti di percepire gli odori, il contatto del corpo con le lenzuola, della testa sul cuscino. Ma, nonostante ciò, resti “in ascolto”: una luce, un rumore abbastanza intensi o una semplice presenza estranea possono ridestarti.
Durante il sonno è come se smettessi di esistere: perdi coscienza di te stesso. Eppure sogni in prima persona. Segno che, da qualche parte, nella mente, rimane una traccia di consapevolezza.
A rendere ardua l’impresa di definire il sonno concorrono i meccanismi biochimici ed elettrici che ne sono responsabili, ancora non del tutto chiari. La loro complessità è nota fin dagli anni ’50 del secolo scorso quando due ricercatori, Aserinsky e Kleitman, dimostrano l’esistenza dei cosiddetti movimenti oculari rapidi (abbreviati in REM, Rapid Eye Movement).
Oggi sappiamo che il sonno si divide in due fasi, non-REM (NREM) e REM. Dopo esserti addormentato entri nel primo stadio non-REM, poi passi al secondo, al terzo e al quarto, ciascuno dei quali caratterizzato da una differente attività cerebrale rilevabile per mezzo dell’elettroencefalogramma (EEG). I quattro stadi non-REM hanno una durata complessiva fra i 70 e i 90 minuti e precedono la fase REM, che dura circa un quarto d’ora. Un ciclo completo di sonno, quindi, è di 80-100 minuti.
Dopo il primo ciclo, in media, nell’arco di una notte ne completi altri tre, nei quali la fase REM tende a prolungarsi fino a occupare il 25% del totale, a discapito della fase non-REM, che si accorcia.
Vari disturbi del sonno, com’è noto, riguardano specifiche fasi fra quelle appena descritte. Ma procediamo con ordine, innanzitutto chiarendo la differenza fra le dissonnie e le parasonnie.
A differenza delle dissonnie, nelle quali si verificano anomalie del ritmo sonno-veglia, le parasonnie non implicano né insonnia né ipersonnolenza ma si manifestano in comportamenti quali camminare, parlare e urlare nel sonno. Vediamole in dettaglio.
La parasonnia correlata al sonno non-REM, anche detta Disturbo dell’arousal del sonno non-REM, è contraddistinta da risvegli incompleti durante il primo terzo del ciclo del sonno, cioè in fase non-REM. Questa parasonnia è accompagnata da due possibili sintomi, il sonnambulismo e il terrore del sonno.
La parola sonnambulismo indica l’allontanamento dal letto e la deambulazione nei dintorni. Il sonnambulismo, in media, si verifica non più di una volta per notte e dura fra un minuto e un’ora. Benché stia dormendo, durante il suo girovagare l’individuo ha gli occhi aperti, lo sguardo fisso, inespressivo e una scarsa reattività agli stimoli esterni. Se qualcuno lo ridesta dimostra un ricordo limitato dell’accaduto e, sulle prime, ha difficoltà a orientarsi.
Forse proprio questi sintomi, che svaniscono nel giro di qualche minuto, sono all’origine della falsa credenza secondo cui sia pericoloso svegliare i sonnambuli.
Certe volte il sonnambulo si alza e si mette a sedere sul letto, fa come per guardarsi attorno, stringe le coperte fra le mani. Altre può passeggiare per la stanza, aprire e chiudere cassetti e porte, utilizzare il bagno ed elettrodomestici. Perfino cercare cibo, mangiarlo o mettere in atto comportamenti sessuali, per esempio masturbarsi.
Infine può svegliarsi oppure tornare a letto o coricarsi in un luogo diverso, sul divano o sul letto di un’altra stanza, e continuare a dormire. Ferite o contusioni eventuali sono avvertite solo l’indomani.
L’occasionale sonnambulismo può riguardare l’1%-7% degli adulti e il 10%-30% dei bambini. Non dovrebbe, perciò, destare allarme. Se patologico, invece, si ripete di frequente e induce paura ad addormentarsi, disagio e imbarazzo, che possono esprimersi nel rifiuto di dormire fuori casa o con estranei.
In alternativa, la parasonnia correlata al sonno non-REM può manifestarsi con il terrore del sonno, o pavor nocturnus. In questo caso ci si risveglia nel cuore della notte, in modo brusco e improvviso, piangendo o gridando, con forti segni d’iperattivazione del Sistema Nervoso Autonomo: le pupille dilatate, i tremori, la tachicardia, la respirazione accelerata e irregolare, la sudorazione, le vampate di caldo e freddo, l’irrigidimento dei muscoli delle spalle, delle braccia e delle gambe.
Calmare e rassicurare chi ha un episodio di terrore del sonno può non essere semplice. Spesso il risvegliato non è in grado di riferire, se non in modo vago, il motivo dello spavento e il mattino seguente non conserva memoria dell’accaduto.
Come il sonnambulismo, lo sporadico terrore del sonno è normale in particolare nei piccoli. Si stima che entro i due anni e mezzo d’età ne faccia esperienza almeno un bambino su cinque. La diagnosi di Disturbo da Terrore del Sonno, al contrario, è giustificata quando i sintomi si ripetono con regolarità, causano preoccupazioni sul sonno e la paura di addormentarsi.
La parasonnia correlata al sonno REM, o Disturbo comportamentale del sonno REM, è caratterizzata da bruschi comportamenti involontari dovuti all’anomala attivazione notturna del Sistema Nervoso Centrale. Se soffri di questa parasonnia ti sarà stato fatto notare, magari da chi ti dorme accanto, che il problema si verifica circa un’ora e mezza dopo che hai preso sonno, cioè quando sei in fase REM.
Muovendoti nel sonno potresti procurarti ferite, cadere dal letto o colpire chi è nelle vicinanze. Se qualcuno ti ridesta sei subito ben orientato, presente e, di solito, in grado di riferire i dettagli dell’accaduto, al contrario dei sonnambuli e di chi ha il terrore del sonno.
Ciò che fai, in genere, riflette il contenuto di sogni. Potresti muovere le gambe con frenesia, se stai avendo l’incubo di essere inseguito da un malintenzionato. Oppure scalciare e lottare, se stai sognando di essere coinvolto in una colluttazione. Comuni sono anche le vocalizzazioni. Se sei solito parlare nel sonno, forse, hai questa parasonnia.
Muoversi nel sonno ricalcando il contenuto di sogni è abbastanza comune a ogni età. In chi lo fa regolarmente, però, la polisonnografia rivela un’attività elettromiografica anomala durante la fase REM.
Nel nome stesso di questo disturbo è indicato il sintomo che lo caratterizza, gli incubi: sogni vividi che inducono ansia, tristezza, paura o terrore.
Gli incubi possono riguardare circostanze traumatiche, reali, vissute in passato. Più spesso, però, sono il semplice frutto delle angosce che riguardano ciascuno di noi. Ecco, infatti, alcuni temi tipici:
Risvegliato, chi soffre di Disturbo da Incubi torna presto a essere cosciente, consapevole di essere al sicuro e capace di rievocare nei dettagli il contenuto del brutto sogno il quale, per ore, può indurre angoscia e sconcerto, a volte fino al mattino seguente.
Il Disturbo da Incubi si definisce acuto se si protrae per meno di un mese, subacuto se la durata è fra uno e sei mesi e persistente se permane oltre i sei mesi. Il disturbo, infine, è lieve se si verifica meno di un incubo alla settimana, moderato se la frequenza è di uno o più incubi alla settimana e grave se gli episodi si ripetono tutte o quasi le notti.
La sindrome delle gambe senza riposo (RLS, Restless Legs Syndrome) si manifesta nel bisogno di muovere gli arti inferiori in risposta a prurito, calore, formicolio, fitte. Se hai questa parasonnia ti sarai accorto che il fastidio ti prende in particolare di sera o di notte, inizia o peggiora quando sei a riposo ed è alleviato dal movimento. In effetti ottieni un temporaneo sollievo camminando, scuotendo le gambe e facendole vibrare.
Con ogni probabilità ti è stato riferito che tendi a muovere gli arti inferiori anche durante il sonno, sintomo che potrebbe causarti risvegli notturni e sonno frammentato.
La Sindrome delle gambe senza riposo compare, in media, nella seconda o terza decade, cioè fra i 10 e i 30 anni d’età. Non è facile stabilirne l’incidenza dato che la maggior parte di chi ne soffre resta senza diagnosi. Si sa, però, che le donne più degli uomini ne sono colpite e che, in alcuni casi, il problema inizia durante la gravidanza per poi recedere dopo il parto.
Circa la metà delle persone con RLS riferisce sintomi fin dai 20 anni, il 10% addirittura da prima dei 10, una cronica mancanza d’energie, l’umore basso, l’ansia e gli attacchi di panico. La Sindrome delle gambe senza riposo che inizia prima della mezza età è detta idiopatica o primitiva e ha un decorso lento. Invece quella tardiva, o secondaria, peggiora rapidamente e non di rado è dovuta agli effetti di terapie farmacologiche prolungate, per esempio a base di antidepressivi triciclici e serotoninergici, anticonvulsionanti e beta bloccanti. Oppure a condizioni mediche come la neuropatia periferica e la carenza di ferro quando è concentrato, nel sangue, in quantità minori di 20 microgrammi per litro.
A volte la RLS è una conseguenza di patologie quali il Morbo di Parkinson, la malattia di Lyme, il diabete mellito, l’amiloidosi, l’insufficienza venosa, le disfunzioni della tiroide, perfino la celiachia. La diagnosi può non essere semplice avendo, il disturbo, punti di somiglianza con le mialgie, le neuropatie, gli eczemi, alcune patologie di tipo ortopedico e l’ansia acuta.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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