Molti narcisisti appaiono insicuri e ipersensibili. Ma, con il tempo, la loro vera natura si manifesta e in fondo è sempre la stessa, caratterizzata da arroganza, instabilità emotiva e scarsa empatia.
Ti capita mai di avere un atteggiamento un po’ presuntuoso? A volte, magari, succede quando sei in coda allo sportello in banca e ti viene da pensare: “Ma perché non vi togliete dai piedi? Ho da fare, io!”. E di non essere disposto a capire le fragilità o i bisogni altrui?
Immagina se questi momenti di arroganza e insensibilità si trasformassero in un modo d’essere più o meno costante… ecco cos’è il narcisismo.
Il “narcisismo”, nel linguaggio comune, è l'eccessivo amore per se stessi. In senso clinico, tuttavia, è ben altro. Il Disturbo Narcisistico di Personalità è uno dei dieci disturbi di personalità indicati dal DSM 5, il manuale edito dall’American Psychiatric Association e utilizzato da psicologi e psichiatri a fini diagnostici. I sintomi del narcisismo sono numerosi. Certo, il narcisista ha un senso grandioso di sé: si reputa speciale e si aspetta che anche gli altri glielo riconoscano, concedendogli privilegi e dimostrandogli ammirazione. Ma questo cronico bisogno di affermare se stesso, in fondo, nasconde un’autostima davvero fragile. Il valore che egli si attribuisce non sussiste di per sé ma dipende da ciò che ottiene e dalla legittimazione altrui. In altre parole, la sua autostima non è autentica ed è sempre minacciata.
Nella mente del narcisista, successo e felicità sono sinonimi. Per questo insegue la fama, gli onori, il denaro. Le sue frequentazioni sono finalizzate a suscitare invidia, a sentirsi adeguato, ad avere vantaggi, per esempio innalzare lo status sociale: così, punta agli ambienti prestigiosi, a persone altolocate, stimate, potenti o attraenti. Se, al contrario, crede di non poter reggere la competizione o resta schiacciato dalla paura del fallimento e del rifiuto, sminuisce l'importanza del successo e si ritaglia uno spazio da “eremita illuminato”, guardando i giochi di potere dall'esterno, o meglio dall'alto, senza parteciparvi. Questo, di solito, è il narcisista che finisce per avere un cattivo rapporto con l'autorità. Può essere il caso dello studente che non riconosce il giudizio del professore e lo sminuisce, oppure l'impiegato in conflitto costante con il superiore.
Ogni sua azione nasconde il fine di impressionare, di convincere gli altri dell’immagine che vorrebbe avessero di lui. A volte, a tale scopo segue la strada delle lusinghe: li fa sentire speciali per conquistarli. Altre, quella della prevaricazione: li critica, li maltratta, li umilia da una posizione di presunta superiorità, per sottometterli. Di fondo c’è l’intento di controllarli, tenerli legati a sé, imporgli convinzioni.
Quando i piani non si realizzano, per via di un insuccesso, oppure perché un competitore si è rivelato più capace o, ancora, perché di fronte vi è chi non è disposto all’adorazione, allora il narcisista prova invidia e rabbia, svilisce, critica e poi si avvilisce. La stessa punitività che, di solito, riserva agli altri, la rivolge a sé, deprimendosi o, in momenti diversi, assumendo il ruolo della vittima, dell'incompreso, di chi pur non avendo colpe è stato estromesso, rifiutato, penalizzato, mal considerato.
Se ti stai chiedendo le ragioni di una personalità tanto complessa, continua a leggere.
A una prima occhiata, osservando il tipico atteggiamento privo di senso dei limiti dei narcisisti si è spinti a pensare che queste siano persone “viziate”. Immaginandosi la loro infanzia, li si vede cresciuti nella bambagia, confortati e spronati dall'amore cieco e dalle lodi sperticate dei genitori.
In effetti, a volte i narcisisti provengono da famiglie con uno status sociale elevato e da bambini hanno goduto di privilegi e libertà sconosciuti ai coetanei. Ma questa non è la regola e, al massimo, è solo una parte della verità.
In genere, il narcisista ha modelli di riferimento disfunzionali. La sua famiglia segue uno schema piuttosto tipico: vi è uno dei due genitori, spesso la madre, molto presente, iperaccudente, che vive per vedere realizzato il figlio e, di conseguenza, se stesso. Così si comporta in modo ingombrante, manipolativo, controllante, dominante, direttivo, ansiogeno. Se scorge nel bambino qualche pregio, per esempio l’intelligenza, la bellezza o un talento, compie sforzi per farlo emergere, lo loda facendolo sentire speciale. Lo stima, quasi lo adora ma, in fondo, è incapace di cogliere e soddisfare le sue necessità emotive, di dargli affetto, di capirlo. Così il figlio si sente ammirato ma, in fondo, non amato. E sviluppa la convinzione di poter meritare l'approvazione solo attraverso le conquiste.
L’altro genitore, spesso il padre, gli riserva il trattamento opposto: è rigido, distaccato, assente, passivo oppure aggressivo e abusante. Gli errori altrui, compresi quelli del figlio, sono occasione di critica e umiliazione. Il bambino, così, si abitua a cercare considerazione sfruttando le proprie doti e a rassegnarsi a essere ignorato o disprezzato se non ci riesce. In ogni modo, sviluppa una percezione instabile ed estrema di sé: si sente il migliore se viene lodato, una nullità nel caso opposto e si convince di non possedere un valore intrinseco, cioè di non poter essere amato per ciò che è. Una conclusione comprensibile, visto il messaggio che ha introiettato: chi è speciale ha il diritto di essere considerato, tutti gli altri non possono che essere invisibili.
Molti narcisisti, quindi, hanno alle spalle un’infanzia di solitudine emotiva, con genitori in grado di ammirare ma non di amare, di criticare ma non di guidare, se non in modo coercitivo, spinti dal desiderio di realizzare le proprie aspettative, di tenere alto o di innalzare il nome della famiglia, di calmare paure e frustrazioni o di colmare bisogni attraverso il figlio.
In quest’ottica, l’incapacità di amare del narcisista, il suo continuo bisogno di ammirazione e di considerazione, sono conseguenze dell’esposizione a tali modelli di relazione. Molti di questi schemi infantili ritorneranno, poi, nelle sue relazioni adulte.
Tutte le relazioni amorose, presto o tardi, attraversano fasi: quella iniziale, del corteggiamento, quella successiva dell’innamoramento, improntata alla passione, alla ricerca dell’altro. Infine, quella dell’amore “maturo”, fatto di impegno, costanza, affetto, piccoli gesti quotidiani.
Le relazioni del narcisista, purtroppo, di solito hanno un destino ben diverso. Lo scopo di un rapporto intimo, per lui, è evitare la solitudine, molto dolorosa anche perché sinonimo di inadeguatezza: “Se nessuno mi vuole, o vengo lasciato, allora non ho valore”. Attraverso la relazione il narcisista si gratifica perché domina, possiede l'altro, stabilizza il senso di sé, può paragonarsi al resto del mondo senza uscirne sconfitto.
Il narcisista rivolge le attenzioni soprattutto a donne carenti d'autostima, votate all’ammirazione, bisognose di stare accanto a individui non comuni o di essere protette dall’uomo sicuro di sé, in grado di farle sentire a loro volta al sicuro. Al contrario, di solito evita quelle forti e indipendenti perché, istintivamente, sa che con loro non riuscirebbe a stabilire una relazione improntata al controllo. Anche questa, tuttavia, è una regola non priva di eccezioni. Alcuni narcisisti, in effetti, sono attratti dalle donne di potere, che utilizzano come specchi per riflettere e accrescere il proprio.
Nella fase iniziale della relazione il narcisista mostra il lato migliore: è attento, premuroso, capace di grandi gesti, sa far sentire importanti. Sembra l’uomo dei sogni. Questo, naturalmente, è un artificio attuato allo scopo di conquistare. Allo stesso tempo, molti narcisisti idealizzano il partner. Si convincono di avere trovato quello ideale, fino a esserne ossessionati. Dentro di loro coltivano il sogno romantico e stereotipato dell'amore perfetto.
Con il progredire della relazione, le cose cambiano. Il narcisista non è in grado di riconoscere l’amore genuino, né di darlo né di riceverlo; conosce solo l’ammirazione che gli davano i genitori e che occorre guadagnarsi giorno dopo giorno non essendo, nemmeno quella, scontata. Di conseguenza se nell’atteggiamento del partner percepisce una vera considerazione positiva, perde interesse. Allora i suoi gesti romantici, la passione, le attenzioni vengono meno. Il comportamento diventa distaccato, ipercritico oppure tormentato e dubbioso: “Non sono più sicuro dei miei sentimenti”; “Questa relazione è scivolata nella routine”; “Mi sto accontentando?”.
A questo punto, di solito, il partner del narcisista cerca di “recuperarlo”, consolandolo, placandolo, convincendolo. Ma, più lo fa, più lui perde motivazione, valutando questi comportamenti un noioso segno di debolezza. I narcisisti, in effetti, rispettano e provano attrazione solo per chi è capace di contrattaccare, di farli sentire in bilico, soprattutto di negarsi. Sono attratti dall'incostanza e l'atteggiamento opposto li stanca. Se nel partner scorgono distacco e rifiuto, si motivano a riconquistare la loro considerazione, come gli accadeva da bambini, quando si affannavano per avere le attenzioni dei genitori. Una volta riottenuta, lo schema ricomincia daccapo.
Alla fine, demotivati da tutto ciò che è stabile e prevedibile, abbandonano il partner disimpegnandosi oppure tradendolo con un nuovo “oggetto” d’idealizzazione che, ne sono convinti, finalmente li renderà davvero felici.
La personalità dei narcisisti è davvero complessa. In effetti spesso sono ottimi dissimulatori, soprattutto se sono stati educati a mostrare umiltà o laddove, accorgendosi di ricalcare un modello genitoriale negativo, abbiano imparato a comportarsi nel modo opposto. La loro mente è affollata di fantasie di potere illimitato, che mai confesserebbero. Molti di loro sono miti e dimessi. Appaiono timidi, insicuri, bonari, equilibrati, accomodanti. E, in un certo senso, lo sono davvero: la paura del giudizio è tale da renderli fobici sociali, accondiscendenti e passivi. Ma, in un modo o nell'altro, la loro vera natura si manifesta ed è, in fondo, la stessa di tutti i narcisisti, improntata alla presunzione, all'arroganza, alla cronica instabilità emotiva e alla scarsa empatia. I narcisisti all'apparenza remissivi si definiscono “covert”, in contrapposizione agli “overt”. Queste due espressioni anglofone si riferiscono al fatto che le autentiche caratteristiche psicologiche dei primi sono nascoste, “coperte” da un atteggiamento di facciata, mentre nei secondi si manifestano allo “scoperto”. Inutile dire che i narcisisti “covert” sono più difficili da identificare.
Tralasciando il tipo covert la cui individuazione richiede, per forza di cose, una conoscenza approfondita della persona, di seguito proveremo a dare qualche suggerimento su come riconoscere a colpo d'occhio, nel breve arco di tempo di una cena al ristorante, il narcisista overt.
Immaginiamo che tu abbia appuntamento con un uomo che hai conosciuto di recente.
1 All’entrata del ristorante un cameriere si avvicina e vi porta al tavolo. Il tuo accompagnatore commenta gli arredi, il personale di sala, il livello della clientela? Si lamenta per il tavolo assegnato? Se c’è qualcosa di cui il narcisista non è mai sprovvisto, è la critica. Oppure decanta la fama del locale, le sue recensioni su internet? Potrebbe essere un modo per farti notare che conosce i posti migliori e che ti ci ha portato. Il suo discorso è infarcito di valutazioni? Il narcisista misura tutto in base al parametro dell’adeguatezza, è certo di possedere la verità e ci tiene a dispensarla. Questo è un modo di fare che salta all’occhio, è tipico e potrebbe riproporsi più volte nel corso della serata.
2 Nell’attesa che il cameriere porti le vostre ordinazioni, gli racconti un fatto accaduto al lavoro: il tuo superiore ha richiamato una collega, che è anche una cara amica. Ti è molto spiaciuto assistere alla sfuriata e non credi che se la meritasse. Nel raccontarglielo, che cosa noti? C'è, da parte sua, il tentativo di comprendere il lato emotivo della vicenda o soltanto gli aspetti pratici? Ti sembra di essere stata capita o, al contrario, hai un’impressione di durezza e indifferenza? Commenti come: “E tu, come ti sei sentita?” oppure “Ci sarà rimasta malissimo” sono ben diversi da “Avrebbe dovuto reagire, perché è restata in silenzio?” o da “Però, se è stata rimproverata, qualcosa avrà pur fatto…”. La scarsa empatia e la predisposizione ad assumere le parti dell’aggressore sono tipiche del narcisista ed emergono soprattutto di fronte a situazioni di ingiustizia.
3 I piatti arrivano e cominciate a mangiare. Una cena non è sufficiente a conoscere una persona, nemmeno la più semplice. Ma, forse, per iniziare a scoprire la natura di qualcuno è bene porre attenzione ai suoi valori. Una conversazione, allora, può essere illuminante. Non prendere alla lettera ciò che l'altro dice: è il primo appuntamento e non sei l’unica a straparlare sotto effetto dell'ansia. Però, presta attenzione. Chiedigli qualcosa sul suo futuro, su come lo immagina. I suoi progetti sono centrati sul successo, sulla riuscita? A tutti piace avere risultati, ma il discorso del narcisista è in particolare pieno di riferimenti al giudizio sociale e allo status. Cerca di capire come considera il prossimo. Nel descrivere i colleghi di lavoro è critico? Esigente? Si descrive come l’unico competente in mezzo a incapaci? Sulla base di quali caratteristiche valuta gli altri?
4 La serata giunge al termine. Ti sembra che sia andato tutto liscio: il tuo partner è un buon conversatore, ti ha lasciata parlare ascoltandoti con attenzione e ti ha anche raccontato qualcosa di intimo. Perfino della sua famiglia! Ti è sembrato dolce: ha mostrato interesse e ti ha fatto domande per conoscerti. Non è stato difficile aprirsi e ti è sembrato che per lui fosse lo stesso. Dopo solo un paio d’ore, hai già notato un po' di complicità. Se la serata appena trascorsa ti ha lasciato questa idea, ci sono buone speranze che il tuo accompagnatore non sia un narcisista. Di solito, infatti, un narcisista comunica l’impressione opposta: di qualcuno imperscrutabile, difficile da conoscere veramente anche se, magari, ha parlato per tutta la serata. Frequentare un narcisista, di solito, lascia la sensazione di avere a che fare con una persona che guarda il mondo attraverso una lente d'ingrandimento, di trovarsi sotto il suo giudizio e quindi di dover essere all’altezza.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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