La tua fobia, nel tempo, si è acutizzata? Può darsi che sia per via di come hai cercato di combatterla. In effetti, l’aggravarsi delle paure è la conseguenza di certi comportamenti. In questa pagina vedremo quali.
Epoca del Pleistocene, quarantamila anni fa. Un gruppetto di persone alla disperata ricerca di cibo si spinge fino ai limiti di una radura.
Dopo tanto girovagare, il meritato premio: grandi cespugli carichi di bacche. Certo, il rosso chiaro e intenso di quei piccoli frutti selvatici è diverso dal solito. Ma la fame, si sa, rende avversi alle distinzioni sottili. Uomini, donne, bambini, tutti si affrettano a fare man bassa del ghiotto banchetto.
Nemmeno mezz’ora dopo, le prime avvisaglie della grave imprudenza: nausea e crampi allo stomaco.
Qualcuno non avrà scampo. Per gli altri, invece, quell’esperienza da incubo rappresenterà il più prezioso degli insegnamenti: meglio evitare le bacche di quel colore.
Apprendere: con questo termine si intende l’acquisizione di informazioni, di nuove competenze e abilità.
Saper imparare è indispensabile per la sopravvivenza ed è una capacità non solo umana. I cuccioli di leone, con la pratica e per mezzo del gioco, perfezionano l’arte della caccia; gli elefantini, osservando gli adulti, imparano a guidare il gruppo verso zone ricche di vegetazione e d’acqua.
Alcuni corvi giapponesi, ripresi in questo video tratto da un documentario della BBC, hanno imparato a lasciare cadere sulla carreggiata le noci che crescono nei dintorni. Le automobili, passandoci sopra, rompono il guscio liberando il gustoso contenuto. Che gli intraprendenti pennuti, appena c’è via libera, tornano a recuperare. Apprendimento.
Quando si parla d’apprendimento è impossibile non citare Ivan Pavlov, fisiologo ed etologo russo di inizio Novecento, il primo a elaborare una vera e propria teoria scientifica sull’argomento.
La bocca del cane, come la nostra, alla vista del cibo si riempie di acquolina. Questo, per un buon motivo: la saliva, ricca di enzimi, aiuta a metabolizzare i nutrienti. Come recita il noto detto, “la prima digestione avviene in bocca”. Una reazione che ha ben poco di appreso, tanto che Pavlov la definì incondizionata.
In uno dei suoi esperimenti, per un certo periodo Pavlov mostrò del cibo a un gruppetto di cani e, allo stesso tempo, fece loro udire il suono di un campanello. Con metodi oggettivi, intanto, misurava la quantità di salivazione.
Poi provò a verificare la sua ipotesi, sottoponendo agli animali il solo suono del campanello. I risultati furono illuminanti. I cani salivavano come se, davanti a loro, vi fosse qualcosa di commestibile. Avevano compiuto un apprendimento associativo.
Grazie a questi risultati Pavlov formulò l’enunciato alla base della teoria del condizionamento classico: uno stimolo condizionato indurrà una risposta condizionata se adeguatamente associato a uno stimolo incondizionato in grado di produrre una risposta incondizionata.
Più tardi, studiosi fra i quali Jerzy Konorski e Burrhus Skinner, ripresero il lavoro dello scienziato russo e introdussero il concetto di condizionamento operante: la frequenza della messa in atto di un comportamento dipende dalle sue conseguenze. Se negative o neutre esso tenderà a estinguersi, cioè a non ripresentarsi. In caso contrario potrà consolidarsi in un’abitudine.
Al di là delle apparenze, quella del condizionamento operante non è una teoria semplice né banale. La riprenderemo fra poco quando discuteremo, nello specifico, delle fobie.
L’apprendimento per condizionamento è il più semplice. In pratica tutti gli organismi viventi, perfino i lombrichi, sono capaci di imparare stabilendo legami associativi.
Anche tu avrai fatto centinaia, migliaia di apprendimenti di questo tipo. Forse, per esempio, da piccolo hai imparato a non toccare i fornelli roventi proprio dopo esserti scottato. O, ancora oggi, ti viene istintivo commuoverti ascoltando quella certa canzone sulla quale hai ballato il giorno del tuo matrimonio.
Ma esistono almeno altri due tipi d’apprendimento.
Il primo è l’apprendimento per modellamento, cioè quello che avviene per mezzo dell’osservazione. Ancora infante, ascoltando i discorsi degli adulti poco alla volta sei riuscito a ricreare gli stessi suoni e poi a comporre le prime parole. Più tardi, a scuola, ricopiando con tanta fatica i segni tracciati dalla maestra hai imparato a scrivere. Se ci pensi, molte abilità le hai acquisite imitando il comportamento altrui.
Il secondo è l’apprendimento per intuizione, che si verifica per mezzo del ragionamento. Un bambino di tre anni è in una stanza, solo. Un bel giocattolo è posto su una mensola, a circa un metro e mezzo d’altezza. Il piccolo si guarda intorno e nota una sedia. La studia per una manciata di secondi, poi vi si avvicina, l’afferra, la trascina come può, fin sotto la mensola. Vi sale e, così, raggiunge l’agognato premio. Queste sue azioni non sono state condizionate, né sono frutto di imitazione. Il piccolo ha imparato di testa propria come raggiungere il giocattolo.
L’intuizione è una peculiarità di noi esseri umani, dotati come siamo del pensiero logico e di quello astratto. Ma se credi che nessun’altra specie sia in grado di apprendere ragionando, ti sbagli. Diversi etologi riferiscono di avere visto gorilla attraversare le increspate acque dei fiumi misurandone la profondità con un bastone…
E finalmente arriviamo alle fobie. Fonti autorevoli, fra cui l’American Psychiatric Association, suggeriscono che almeno dieci persone su cento ne abbiano una. E il dato è, quasi di certo, sottostimato.
Immaginiamo che tu sia terrorizzato dai cani. Forse hai “appreso” la fobia in uno di questi tre modi.
1 Hai 14 anni, stai facendo due tiri a pallone dopo scuola. Uno dei tuoi amici si è portato dietro il suo cane, un pastore tedesco, che ora sta gironzolando per il campetto. D’un tratto, dal nulla appare un altro cane che vi si avvicina ringhiando. Nessuno dei due cani purtroppo, cede le armi. Inizia una baruffa. Ti viene istintivo avvicinarti per separarli e, proprio quello del tuo amico, ti morde.
Se da quel momento non ti sei più sentito a tuo agio in compagnia dei cani forse è perché, per condizionamento, hai compiuto un apprendimento associativo, così riassumibile: se il pastore tedesco morde, allora è pericoloso. Il pastore tedesco è un cane, quindi tutti i cani sono pericolosi.
2 Non hai mai avuto brutte esperienze con i cani, nemmeno indirette? Può essere che tu abbia appreso la fobia per “modellamento”.
Hai quattro anni, sei a passeggio con il nonno. A poco meno di cinquanta metri di distanza un uomo sta passeggiando con a fianco un bel Labrador. Si sta dirigendo verso di voi.
Irrigidendosi, sottovoce tuo nonno ti dice: “Passiamo di là”. Con una certa fretta, appena la strada è sgombra, attraversate. Infine salite sul marciapiede all’altro lato. Solo allora noti il nonno rilassarsi.
3 Non sei mai stato aggredito e non hai avuto “modelli fobici”. Come si spiega, allora, questo tuo terrore dei cani? Forse, in passato, osservandoli ti sei fatto l’idea che fossero pericolosi. Hai compiuto, cioè, un apprendimento per intuizione. In effetti, alcune loro caratteristiche potrebbero indurre una simile conclusione. Il cane è veloce: è davvero difficile batterlo nella corsa. Il cane è istintivo: talvolta capita che aggredisca per motivi difficili da comprendere. E ha una bocca dotata di una doppia fila di denti aguzzi, da predatore. Se morde, fa male.
Ecco come si “apprendono” le fobie. Ma il loro acutizzarsi ha altre ragioni.
Torniamo ai corvi giapponesi e immaginiamo che a uno di loro sfugga dalle zampette una noce, che questa finisca proprio sulla carreggiata e che la ruota di un’auto la sbricioli. Un caso, ma foriero di un inaspettato beneficio e, quindi, di un apprendimento: quegli oggetti rumorosi che sfrecciano su e giù rendono accessibile il gustoso interno delle noci, il quale funge da rinforzo positivo al comportamento di lasciarne cadere altre. Un esempio perfetto di apprendimento rinforzato da conseguenze.
Proviamo ad applicare le leggi del condizionamento operante alla fobia dei cani.
Da anni, ormai, appena ne vedi uno ti prende il panico. Le gambe si irrigidiscono, il cuore ti si trasforma in un martello, la mente si annebbia. Di solito, allora, non perdi tempo e ti allontani. Oppure, quando sei ospite di amici che ne possiedono uno, con qualche imbarazzo chiedi che sia chiuso in una stanza.
Ogni volta che riesci a evitare o a interrompere il contatto con l’oggetto fobico percepisci un netto e brusco calo della tensione. Una sensazione meravigliosa.
Ma che, purtroppo, rappresenta un rinforzo. Nello specifico, un rinforzo negativo. Se ora ti viene tanto istintivo evitare i cani forse è perché, più volte in passato, farlo ha determinato l’interruzione della paura di essere aggredito.
Evitare i cani, così, è diventato un imperativo. E la fobia è peggiorata. Il perché è spiegato da due processi fisiologici detti “abituazione” e “sensibilizzazione”.
Immagina di avere appena traslocato in un appartamento affacciato su una strada rumorosa. Prendere sonno, la sera, non è facile. Il via vai delle auto non si interrompe nemmeno durante le ore notturne! Passate le prime notti, però, cominci a farci il “callo” e dopo qualche settimana riesci ad addormentarti senza problemi.
Nel gergo dei neurofisiologi si dice che il rumore della auto ha perso la capacità di indurti percezione, per effetto dell’abituazione. Con questo termine si intende la progressiva inibizione di una risposta, o reazione, al ripetuto presentarsi di uno stimolo.
Mettiamo, invece, che tu abbia perso la pazienza prima di abituarti al rumore delle auto. Snervato dal sonno irrequieto e frammentato hai fatto installare finestre insonorizzate. Ottima notizia: il molesto baccano è solo un ricordo.
Ma, purtroppo, dormendo nel silenzio assoluto la tua soglia percettiva si sarà via via abbassata. E, ora, il minimo suono potrebbe svegliarti. Ti sei sensibilizzato.
L’evitamento impedisce l’abituazione e induce la sensibilizzazione. Ecco perché, tenendoti alla larga dai cani, non hai mai smesso di temerli e, anzi, la loro presenza è sempre più diventata motivo d’ansia.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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